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Il futuro di Mirafiori
18 Settembre 2024 - 06:30
La notizia è buona, anche se non è certo quella che lavoratori (e sindacati) si aspettavano: Torino diventa ancor di più una delle “teste” di Stellantis, «una ulteriore testimonianza del nostro profondo impegno in Italia».
Così ha detto Carlos Tavares, arrivato per inaugurare il nuovo hub di ProOne, la divisione dei veicoli commerciali che da sola rappresenta un terzo dei ricavi globali del Gruppo, e ribadendo che negli ultimi anni Stellantis ha investito «2 miliardi di euro in Italia». Nei nuovi uffici, dove il lavoro sarà organizzato come un grande coworking (molti lavoratori continueranno a operare in smart working alternato al lavoro in presenza), saranno riuniti tutti i dipendenti - oltre al capo, Jean Philippe Imperato che è anche ceo di Alfa Romeo - ora sparpagliati nelle varie sedi: business, marketing, progettazione, l’intero apparato decisionale di ProOne. Una anticipazione del futuro stesso di Mirafiori «la cui trasformazione è in atto».
Tavares l’ha detto parlando anche della produzione, che al momento è ferma, per via degli scarsi ordini per la Fiat 500e. Il ceo di Stellantis ha confermato che a inizio 2026 - ma lavoratori e sindacati sperano prima - arriverà la Fiat 500 Ibrida, mentre si lavora anche sulla nuova versione di quella elettrica. E continueranno a essere prodotte anche le Maserati GranTurismo e Gran Cabrio, per quanto i loro numeri non siano certo su grande scala. «Abbiamo un problema di marketing» ci ha detto Tavares. «Non penso che abbiamo fatto abbastanza per posizionare la marca come un puro brand luxury».
Ma è il concetto stesso di Mirafiori da analizzare: se davvero rimarrà importante come spiegato ieri mattina, c’è da dire che il focus del Gruppo è sul quadro generale del famoso Mirafiori Automotive Park 2030: «Tutte le attività che abbiamo a Mirafiori, l’eDct, il ProOne, l’hub dell’economia circolare, il Battery Lab, vanno molto bene e saranno molto proficue». Ma la produzione? Dipenderà dal mercato, dalle scelte stesse dell’Europa. Ma è chiaro che il futuro sarà molto diverso da quello cui Torino era abituata.
E difatti le reazioni dei sindacati non si sono fatte attendere. A cominciare dalla Fiom, che tramite il suo segretario cittadino Edi Lazzi dice che «siamo di fronte all’ennesimo annuncio di un progetto che non ha niente a che fare con la produzione di autovetture. Questa volta è un ipotetico Hub che fungerà da integrazione a funzioni che nulla centrano con la produzione di auto. Ci servono le produzioni, non sappiamo più come dirlo, per avere prospettive future». E sulle parole di Tavares riguardo l’organico dice «non è vero che va bene così, in quanto fra sette anni tutti saranno in pensione e senza ingressi lo stabilimento rischia la chiusura per consunzione».
Luca Caretti, segretario della Cisl, sono «rassicuranti le parole di Tavares sugli organici, ma restiamo preoccupati per i volumi della produzione che in fabbrica hanno raggiunto livelli incompatibili con la sua sopravvivenza e sul mancato ricambio generazionale all’interno dello stabilimento. Serve un piano straordinario di formazione per i lavoratori con l'obiettivo di aiutarli ad affrontare le transizioni e la grande trasformazione in atto come da lui stesso riconosciuto».
La trasformazione inquieta, soprattutto nel quadro che non è solo di Torino ma globale, ossia quello di una produzione di veicoli su volumi inferiori, ma ottimizzando costi e conseguenti ricavi. E i rumors dell’ambiente - non solo in Stellantis, ma in particolare nell’indotto - sono quelli della necessità di una nuova manifestazione, con alcuni delegati sindacali che starebbero già avanzando l’idea di uno sciopero generale.
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