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L'INTERVISTA DELLA SETTIMANA

La presidente di Slow Food: «Tramite il cibo creiamo un cambiamento culturale e politico»

A pochi giorni dall'inzio dei lavori di Terra Madre parla la presidente Barbara Nappini

 Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia

Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia

Cosa c’è di più trasversale e che ci tocca più da vicino di ciò che mangiamo? «Tramite il cibo vogliamo essere parte di un cambiamento culturale e politico» spiega la presidente di Slow Food Italia, Barbara Nappini, a pochi giorni dall’avvio dei lavori di Terra Madre Salone del Gusto a Torino. «Saranno cinque giorni di festa in cui si parlerà di cibo con tanti linguaggi diversi: dalle degustazioni, ai convegni, passando per spettacoli e dibattiti».



Presidente, partiamo dalla location. Terra Madre torna a Parco Dora?
«Sì, per noi è un’area molto significativa, dal momento che rappresenta un progetto di rigenerazione industriale ben riuscito. L’ingresso libero poi ha consentito a tante persone - anche al di fuori dal nostro circuito tradizionale - di conoscerci. Abbiamo apprezzato la presenza di molti giovanissimi».
Con il tema “We are nature” (Noi siamo natura), quale messaggio volete mandare?
«È una esortazione a un cambio radicale di punto di vista. Penso alla crisi ambientale che stiamo vivendo, in cui il sistema alimentare è assolutamente coinvolto. Mi ricordo che quando io ero bambina si usava dire che l’uomo poteva “controllare la natura”. C’era la presunzione di gestirla o - addirittura - di salvarla. Ecco, oggi ci pare una visione obsoleta. Spero che sia chiaro a tutti che sarà la natura a salvare noi, se cominceremo a trattare casa nostra un po’ meglio. Esortiamo tutti a sentirsi parte della natura».


Quali sono, secondo lei, i temi più urgenti da portare all’attenzione della politica?
«Comincerei parlando di agroecologia. È un approccio di progettazione diverso al settore, che prova a integrare l’attività di produzione alimentare con gli ecosistemi naturali. A Terra Madre ci saranno anche delle lezioni specifiche di agroecologia. Poi c’è il tema dei prati stabili, destinati al pascolo».
Di cosa si tratta?
«Sono dei prati che non vedono mai l’intervento degli esseri umani e sono destinati, anche per decenni, al pascolo. Una volta ce n’erano tantissimi in Italia, ma oggi stanno scomparendo. Il tema appare particolarmente rilevante, dal momento che l’allevamento è tra le attività più impattanti dal punto di vista ambientale, oltre a portarsi dietro una questione etica, relativa a come vengono trattati gli animali».
Il problema degli allevamenti intensivi in Italia esiste?
«Partiamo da una considerazione oggettiva: non esiste una definizione normativa di allevamento intensivo in Italia».
In che senso?
«Non c’è distinzione normativa tra un allevamento da 15, 700 o 2mila capi. In altre parole, non c’è distinzione tra intensivo e industriale. Questo, capirete bene, è un primo problema che andrebbe affrontato».
Riscontra una sorta di reticenza nel parlare dei problemi dell’allevamento?
«C’è una grande resistenza perché ci sono enormi interessi economici intorno al mondo dell’allevamento. Soprattutto in relazione alla produzione della carne. A livello globale, quando si cercano stime su quanti siano i capi animali allevati, i numeri oscillano tra i 20 miliardi e i 90 miliardi».
Con uno scarto di 70 miliardi...
«Capisce? Vuol dire che ci sono 70 miliardi di capi “non pervenuti”, non certificati. È chiaro che questo non è un caso. Sono numeri che ovviamente comportano con sé un impatto importante e rimangono nebulosi perché spostano interessi enormi».


Lei presidente è vegana?
«Io sono vegetariana da 2014. Devo dire però che la carne non mi è mai piaciuta, quindi non è stata una grande rinuncia. Sono diventata vegetariana per motivi etici. Fin da piccola soffrivo moltissimo a pensare che gli animali che mi piacevano tanto sarebbero stati mangiati. Mio nonno aveva conigli, piccioni, galline... Per lui era normale pensare che una domenica sarebbero finiti in tavola. Per me invece era un pensiero insopportabile».


È stata quindi una scelta naturale. Lo consiglierebbe?
«Non ho l’opinione che tutti debbano essere vegetariani al mondo. Anzi, so che non è una scelta adatta a tutte le comunità e a tutti i luoghi. Allo stesso tempo, credo che il dilemma etico in merito al mangiare carne debba essere affrontato oltre a le istanze legate all’ambiente e al clima».
Nel suo libro “La natura bella delle cose” c’è un intero capitolo dedicato alle donne e al cibo. È una questione ancora attuale?
«Guardi, appena nominata presidente di Slow Food Italia, la maggior parte delle domande che mi venivano rivolte riguardavano il fatto che fossi una donna. L’ho trovato molto indicativo, come se fossi una minoranza etnica. Alla società fa bene parlare da donne e di donne. E rispetto al cibo, le donne hanno un rapporto millenario: sanno produrre cibo con il loro corpo e, per secoli, sono state custodi dell’orto e della dispensa. L’appello in ogni caso è quello di partire dall’educazione alimentare dei bambini per creare un vero cambiamento. Ci vediamo a Terra Madre».

CHI E' 
Nata a Firenze, dal 2010 vive nella campagna della bella Valdambra. Dopo anni in una multinazionale nel mondo della moda, nel 2010 si trasferisce in un casale in campagna e si appassiona alla permacultura e alle tecniche agricolturali sperimentali, si misura con l’autoproduzione e fonda l’associazione Il Grano e le Rose. Nel 2012 incontra Slow Food Colli Superiori del Valdarno e scopre “Terra Madre-Salone del Gusto”. Partecipa come delegata a Terra Madre Giovani durante Expo 2015 ed è uno dei leaders del progetto Slow Food In Azione nel periodo 2019-2020. Da luglio 2021 è Presidente di Slow Food Italia. È autrice de “La natura bella delle cose” (Slow Food Editore, 2024)

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