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La crisi dell'ex Fiat
13 Novembre 2024 - 07:20
Erano in 500 e oggi sono solo 250, ma sono gli operai dimenticati di Mirafiori. Sono quelli più anziani, con "ridotte capacità lavorative" come vengono definiti quei lavoratori non più adatti, per ragioni di età o di comprensibili acciacchi, al lavoro in catena di montaggio o nei reparti delle Carrozzerie. Sono in cassa integrazione da anni, poi in contratto di solidarietà, ma ora il monte ore disponibile per gli ammortizzatori sociali è praticamente esaurito. E per loro pare non esserci posto nei reparti che ancora lavorano nello stabilimento simbolo dell'ex Fiat. Ed erano quelli che producevano le mascherine nel periodo del Covid, un clamoroso fiasco per cui, però, l'allora Fca incassò 296 milioni di euro dallo Stato.
A lanciare un appello per loro sono tutte le sigle sindacali, ossia Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Associazione Quadri, che hanno chiesto un "incontro urgente" a Stellantis per discutere del futuro di questi lavoratori, per i quali a fine anno scadono i contratti di solidarietà. L'obiettivo dei sindacati è ottenere un prolungamento per tutto il 2025, fino al momento in cui entrerà in produzione - come annunciato dal ceo Carlos Tavares - la Fiat 500 Ibrida. E nel contempo chiedono di fare il punto anche per tutti gli altri lavoratori di Mirafiori, quelli delle Carrozzerie dove vengono prodotte la Fiat 500e e le Maserati, per i quali dovrebbe scattare un nuovo stop, a fine novembre, che dovrebbe durare fino all'Epifania.
Prosegue invece a pieno ritmo il lavoro nel reparto delle trasmissioni per i veicoli elettrificati, cui vorrebbero essere trasferiti alcuni dei 250 lavoratori superstiti del reparto mascherine di via Biscaretti, ora definito Preassembly & Logistic, quelli che non sono andati in pensione e non hanno ricevuto l'offerta per le cosiddette "uscite incentivate". Ma a bloccare queste richieste, spiegano i lavoratori stessi, è proprio quel "ridotte capacità lavorative". Lo stesso motivo per cui proprio loro, in piena pandemia - era il 2020 -, furono assegnati a questo nuovo reparto.
All'epoca Stellantis doveva ancora arrivare e c'era "solo" Fca. Fu John Elkann in persona - che incontrò anche l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, presentandogli la nuova Fiat 500 elettrica- a "mettere a disposizione le capacità produttive" di Fca per confezionare mascherine per il fabbisogno nazionale. Mascherine destinate ai propri dipendenti, ma anche alle scuole, agli uffici pubblici. Si trattava di semplici mascherine chirurgiche, non certo le FFP2 considerate le uniche efficaci.
Difatti, poco tempo dopo, i lotti furono ritirati in quanto le mascherine - sulle quali si erano concentrate molte proteste e segnalazioni di "cattivo odore" - non erano della qualità richiesta, secondo il Ministero della Salute. Il contratto fu risolto, ma la commessa venne pagata. Sì, perché quella di Elkann fu una fornitura concordata con la struttura commissariale di Domenico Arcuri. Una commessa da 216.250 euro - per 25 milioni di mascherine al giorno -, cui aggiungerne circa altri 80mila per trasporto, assicurazione e scarico dei macchinari, forniti dallo Stato.
Ironia della sorte, nello stesso periodo Fca otteneva anche la garanzia SACE - previsto per aiutare le aziende nell'emergenza pandemica - al maxiprestito da 6,7 miliardi di euro erogato da una catena di istituti bancari, con capofila Intesa Sanpaolo, per un piano che includeva 5 miliardi di euro investiti negli stabilimenti italiani. L'impegno ulteriore per Fca era di non erogare dividendi agli azionisti in quel periodo. Nel 2021, invece, ecco arrivare la fusione con Psa che dà origine a Stellantis. La nuova società stabilisce un dividendo straordinario - attorno ai 5 miliardi - agli azionisti e il ceo Carlos Tavares, dopo aver ottenuto un'altra linea di credito da istituti di credito europei, restituisce il prestito in anticipo allo Stato.
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