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Il caso

La giustizia sdogana gli insulti sui social? La Procura archivia l’inchiesta sugli haters di Cristina Seymandi

Quando l'insulto online diventa "normale": la Procura di Torino getta la spugna

Cristina Seymandi (Fonte Instagram)

Cristina Seymandi (Fonte Instagram)

La vicenda che ha coinvolto Cristina Seymandi e Massimo Segre nel 2023 ha avuto un enorme eco sui social media. Quando Segre ha annunciato pubblicamente la fine del loro fidanzamento – accompagnata da accuse di tradimento nei confronti di Seymandi – l’intero episodio è stato ripreso e successivamente condiviso sui social, diventando virale. Le offese nei confronti della manager, soprattutto sui social, hanno raggiunto proporzioni allarmanti: insulti sessisti, attacchi gratuiti e accuse infondate sono stati lanciati in sua direzione. L’imprenditrice torinese, stanca di subire insulti, ha deciso di denunciare. E così è partita l’indagine per diffamazione, diretta contro gli ignoti haters che avevano commentato in modo violento e umiliante la sua vita privata. Ma ora, a distanza di mesi, il PM Roberto Furlan ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta, suscitando polemiche e interrogativi su come le offese online debbano essere trattate dalla legge.

La richiesta di archiviazione si basa su un concetto fondamentale: la natura dei social media ha modificato profondamente il panorama della comunicazione pubblica. In un'epoca in cui la privacy è continuamente messa alla prova da piattaforme che espongono dettagli della vita privata delle persone, la critica online, anche quando sfocia nell’aggressività, è diventata una "norma". Il PM Furlan ha sostenuto che, nel contesto dei social, commenti sarcastici, ironici e persino offensivi sono ormai accettati come parte del flusso comunicativo, tanto da non poter più essere considerati diffamazione.

Un altro punto chiave sollevato dal PM riguarda l’impossibilità di identificare gli autori degli insulti, che si nascondono dietro profili falsi. La polizia postale ha ammesso che, nonostante gli sforzi, risalire agli autori di offese online è quasi un'impresa titanica, soprattutto quando si parla di utenti che operano con identità anonime o fittizie. Questo crea un problema non solo per la giustizia, ma anche per il concetto stesso di responsabilità legale nei confronti di azioni che accadono in un ambiente come quello digitale, dove chiunque può "parlare" senza mostrare il proprio volto.

Un altro aspetto controverso è la ridefinizione della "critica" su internet. Se nel mondo reale l’offesa è spesso considerata inaccettabile, online sembra essere diventata una forma di comunicazione accettata, seppur discutibile. Il PM ha fatto riferimento a programmi televisivi, spesso di successo, che si fondano sull’umiliazione e il dileggio, suggerendo che anche la critica online possa seguire un percorso simile: un "gioco" che, pur violento, è diventato parte della "normalità" dei social.

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