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IL FATTO
13 Febbraio 2025 - 17:02
foto di repertorio
A Torino, presso il carcere Lorusso e Cutugno, la situazione è particolarmente critica: al 10 febbraio 2025, i detenuti sono 1440, mentre la capienza regolamentare dell'istituto sarebbe di 1094 posti. Questo dato evidenzia un gap preoccupante che coinvolge non solo la città, ma anche il Piemonte e l'intero sistema carcerario nazionale.
Igor Boni, di Europa Radicale, ha lanciato una proposta alla politica per affrontare questa emergenza, chiedendo una revisione del sistema carcerario. Secondo Boni, ogni struttura ha una capienza regolamentare ben definita. “Se il numero massimo di detenuti è già stato raggiunto, ogni persona che entra in carcere dovrebbe essere accompagnata dall'uscita di un'altra”, ha affermato. Boni critica l'uso del carcere come un parcheggio sociale per malattie psichiatriche, tossicodipendenza, indigenza e marginalità. Per risolvere il problema, è necessaria una collaborazione tra le autorità carcerarie e le istituzioni politiche, nonché una forte pressione sul governo per il cambiamento. "Il numero chiuso non è una novità: è già una realtà in Paesi come la Gran Bretagna", ha concluso Boni.
Accanto alla denuncia del sovraffollamento, la situazione nelle carceri è resa ancora più difficile dalla mancanza di opportunità di riabilitazione. Silvia Manzi, dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, ha sottolineato che “oggi il carcere non priva solo della libertà, ma anche della dignità”. Manzi ha anche annunciato le prossime visite alle strutture carcerarie del Cuneese, con l’obiettivo di monitorare le condizioni di vita dei detenuti.
Il coordinatore dell'Associazione Aglietta, Giovanni Oteri, e il docente di lunga data Ennio Avanzi, hanno denunciato la disastrosa condizione dell'istruzione carceraria. Avanzi, che ha insegnato per quarant'anni nei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (Cpia), ha ricordato l'importanza della scuola anche all'interno delle carceri. “La scuola deve essere una palestra di democrazia e diritti”, ha dichiarato. Il carcere di Torino, che ospita circa 700 detenuti stranieri, risulta essere particolarmente carente in questo ambito, con pochi detenuti partecipanti ai corsi di alfabetizzazione. “Inaccettabile che non ci sia nemmeno un mediatore culturale”, ha sottolineato Avanzi, mettendo in evidenza la carenza di risorse per favorire l'integrazione e l'educazione dei detenuti.
Un altro spazio fondamentale per i detenuti, come rilevato da Silvia Manzi, riguarda la possibilità di coltivare relazioni affettive. Nonostante la sentenza della Corte costituzionale del febbraio 2024 che ha riconosciuto il diritto a colloqui intimi, la situazione nelle carceri non è cambiata in modo significativo. “Non è cambiato davvero nulla”, ha affermato Manzi, lamentando la mancanza di attuazione pratica della legge.
Infine, un intervento significativo è arrivato da Gerardo Romano, dirigente sindacale dell'OSAPP, che ha denunciato le inaccettabili condizioni di lavoro degli agenti penitenziari. Romano ha parlato della vergogna del trattamento dei detenuti in soprannumero al carcere Ferrante Aporti, sottolineando la totale mancanza di formazione per gli agenti, che quotidianamente si trovano a gestire situazioni delicate legate alla salute mentale e alla tossicodipendenza dei detenuti. “Serve una riqualificazione del sistema penitenziario. I malati psichiatrici e i tossicodipendenti non dovrebbero essere rinchiusi in carcere, ma trattati in strutture appropriate per la loro riabilitazione”, ha dichiarato Romano.
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