Cerca

IL CASO

"Disabile", "islamico", "extracomunitario": ecco le parole che non si possono più usare in ospedale

Un documento preparato dall'Asl To5 vieta al personale l'utilizzo di alcuni termini

"Disabile", "islamico", "extracomunitario": ecco le parole che non si possono più usare in ospedale

È un'iniziativa che sta facendo molto parlare di sé, quella lanciata dall'ASL Torino 5, sotto la guida di Bruno Osella. L’obiettivo, secondo i promotori, è chiaro: promuovere l’uso di un linguaggio più inclusivo e politicamente corretto all’interno degli ospedali, puntando a sensibilizzare il personale sanitario contro l’utilizzo di termini che potrebbero risultare offensivi o discriminatori. Questo progetto, che ha suscitato diverse reazioni, ha rapidamente fatto il giro dell'azienda sanitaria e oltre, varcando i confini dei suoi ospedali.

L'elenco di espressioni da evitare è lungo e dettagliato, comprendendo termini come «anormale», «disabile», «ritardato», «clandestino», «extracomunitario», «islamico», «trans», «bisex» e «ermafrodita», solo per citarne alcuni. Inoltre, vengono bandite frasi come «fumare come un turco», «storpio», «muso giallo» e «gnocca». Il documento, che è stato pubblicato il 24 febbraio, si suddivide in varie categorie tematiche: «Disabilità e abilismo», «Etnia», «Ageismo», «Genere» e «Orientamento sessuale e identità di genere».

Non sono mancate le critiche: c'è chi si chiede se in un periodo in cui la sanità è in difficoltà, con liste di attesa lunghe e strutture fatiscenti, sia davvero prioritario concentrarsi su queste questioni. Il direttore generale Bruno Osella, consapevole delle possibili polemiche, ha cercato di spiegare la posizione dell'ASL: «Siamo consapevoli che dedicare del tempo a questioni come queste ci espone a critiche e a prese di posizioni ostili», ha affermato. Tuttavia, ha aggiunto, «significa forse che non dobbiamo occuparci di altro fino a quando non risolveremo i problemi urgenti?». La risposta, secondo Osella, è chiara: la soluzione a questi temi arriverà con il tempo, e nel frattempo è fondamentale perseguire anche una battaglia contro i pregiudizi linguistici, che spesso passano inosservati.

Per ogni espressione vietata, il documento offre delle alternative più rispettose e consone. Ad esempio, al posto di «deforme», si suggerisce «disabilità corporea» o «legata all’aspetto fisico». Invece di «nano», meglio usare «persona di bassa statura» o «con nanismo». Altra raccomandazione importante riguarda l’uso di abbreviazioni come «paki», che dovrebbero essere evitate, insieme ad espressioni come «vu' cumprà» e «zingaro». Per quanto riguarda il linguaggio di genere, l’ASL invita a non usare frasi che associano le donne a un’idea di incompetenza, come «Chi dice donna dice danno», e a bandire termini sessualizzati come «figa» e «gnocca». Inoltre, sono inaccettabili espressioni come «dell’altra sponda» o «frocio», che perpetuano stereotipi nei confronti delle persone LGBTQ+.

Osella sottolinea che l’obiettivo di questa iniziativa è duplice: pratico e ideologico. Da un lato, il documento vuole fornire uno strumento concreto al personale sanitario, con esempi diretti su come evitare il linguaggio discriminatorio. «Abbiamo la certezza che la maggior parte del nostro personale non ha alcun sentimento di ostilità verso le persone, a prescindere dalla loro appartenenza a categorie diverse», afferma Osella.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.