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L'evento

Festa di San Giovanni a Torino, commercianti: 20 euro di incassi, un eccesso di zelo?

Incassi anche di 20 euro netti, i commercianti sul piede di guerra. L’assessore al Commercio: “D'accordo con i commercianti, i nostri uffici sono stati messi a dura prova”

Festa di San Giovanni a Torino, commercianti: 20 euro di incassi, un eccesso di zelo?

«Così lavorare è poco dignitoso, l’anno prossimo rimarremo chiusi», dice Stefania, la titolare di una tabaccheria che nella giornata di San Giovanni è riuscita a incassare solo 20 euro netti. La sua unica colpa? Il fatto che il suo negozio si trovi su via San Massimo, ad angolo con via Po, entro il perimetro “rosso” - cioè tra le aree più attenzionate dalla security cittadina - in questi giorni di festa. Tra i commercianti di via Po e limitrofi il clima è tutt’altro che disteso. C’è chi ha deciso di prendersi la giornata libera, o addirittura andare in piscina con la propria famiglia. «Tanto non lavoriamo, tanto vale che chiudiamo», raccontano Annachiara e Salvatore, i titolati di un bar ad angolo con via Montebello.  

In questi giorni, oltre all’ordinanza che vieta la vendita e il consumo di bevande in contenitori di vetro e metallo e dei superalcolici nelle aree dell’evento, sono stati chiusi tutti i dehors. In molti hanno deciso di non aprire affatto, come i titolari del pub ritrovo degli amanti della musica rock “Blah blah”. «Da tre anni non lavoriamo», recita il cartello affisso sulla loro vetrina, dentro luci spente. Ma c’è a chi è andata peggio, come Annamaria, che poco più avanti, dopo il controllo dei vigili, ha iniziato a chiudere il suo chiosco-vetrina di souvenir «perché ostacolerebbe le via di fuga, ma questo è tutto il mio negozio», dicono. «Già quest’anno ci ha martoriati. Il “risarcimento” per i lavori di via Po? Solo 137 euro di sconto sul suolo pubblico», si sfoga Annamaria, mentre richiude la sua vetrina, riponendo le statuine della Mole invendute. 

Altri sono rimasti timidamente aperti, come Mattia Miliano, titolare di una rosticceria di via Po, proprio poco prima del varco di accesso di via Rossini.«Ci proviamo, anche per dare un servizio alle persone, non le possiamo far accomodare, ma cerchiamo di sfamarle», commenta. 

Tutti sono unanimi, però, sul fatto che gli incassi degli ultimi anni non sono paragonabili al “pre Appendino”, cioè alla tragedia di piazza San Carlo del 2017, in cui tre persone persero la vita. Poi c’è stato il Covid e da allora niente è stato più come prima. «Gli incassi sono andati sempre più riducendosi e non siamo messi nelle condizioni di lavorare bene», commenta Salvatore Silvestri, che ha tenuto chiusa la sua caffetteria in piazza Vittorio dallo scorso lunedì, riaprendo solo ieri, dopo aver rimesso in sesto il suo dehor. «Io sono un po’ più consolidato, ma tanti non si possono permettere di rimanere chiusi per tutto questo tempo», dice. «Un eccesso di zelo - commenta anche l’assessore al Commercio Paolo Chiavarino -, abbiamo dato massima priorità, com’è giusto, alla sicurezza, ma ci vuole un po’ di elasticità». Per l’assessore resta fondamentale trovarsi attorno a un tavolo con le associazioni di categoria e le istituzioni: «Il problema di base è che negli anni le regole sono state sempre più restrittive, c’è bisogno di ascoltare i commercianti». Il rischio, infatti, andando in questa direzione, è che sempre più esercenti rimangano chiusi e che San Giovanni, da buon momento di affari diventi una giornata a incasso zero. «Si parla spesso delle famose "ricadute sui grandi eventi" - afferma il presidente dell'associazione commercianti di via Po Alessandro Chiales -, ma San Giovanni è diventato un giorno di perdita di lavoro, vogliamo che torni una festa anche per noi».

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