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le ville nascoste e le loro storie
25 Luglio 2025 - 16:20
Tra le colline che abbracciano Torino, nascosta dalla vegetazione ma visibile anche da lontano per la sua mole, sorge una villa abbandonata che da anni alimenta curiosità, suggestioni e leggende locali. Il suo aspetto imponente – fatto di cemento, legno, lunghi porticati e numerosi camini in mattoni – la rende una presenza silenziosa ma dominante nella quiete della vallata. Si affaccia su un piccolo gruppo di case, e chiunque vi passi accanto non può fare a meno di domandarsi: che storia nasconde questa struttura dimenticata?
Un tempo si pensava potesse essere un albergo, una colonia estiva, forse una villa nobiliare. Ma la sua vera identità è rimasta per lungo tempo avvolta nel mistero. Le informazioni documentate sono scarse, e gran parte della sua storia si ricostruisce attraverso testimonianze orali, vecchie mappe catastali e qualche raro articolo.
Secondo una mappa catastale risalente al periodo 1723-1753, sul terreno dove oggi sorge la villa si trovava una cascina chiamata “Il Casino”. Un nome che ancora oggi viene ricordato dagli anziani del luogo, i quali, con un sorriso ironico, si interrogano se fosse legato alla caccia o ad attività ben più maliziose.
Accanto all’attuale edificio principale si trova ancora una casa più piccola e pericolante, probabilmente la struttura originaria, parzialmente distrutta negli anni Sessanta da una frana causata da una grande alluvione che colpì duramente la zona, provocando anche delle vittime. Accanto alla casa, resistono i resti della stalla e di una scuderia, a conferma della vocazione agricola della zona in passato.
La villa come oggi si presenta fu costruita successivamente, su un terreno che però si rivelò instabile. Secondo alcune fonti, non venne mai realmente abitata, forse proprio per via della fragilità del suolo. Si presume che l’edificio appartenesse alla famiglia Balbi, nota per essere proprietaria di una fornace che sorgeva nella pianura sottostante. La produzione di laterizi è stata infatti per secoli una caratteristica della zona, attiva fin dai tempi dei Romani e ancora presente fino al boom economico del Novecento.
All’interno della villa, spoglia di arredi ma ancora maestosa, si trova un tesoro che pochi conoscono: un salone con un soffitto affrescato, firmato dal pittore locale Clemente Salsa (1886–1979). Oltre al salone principale, anche altre due stanze presentano decorazioni pittoriche ai soffitti. La presenza dell’artista in quel luogo non è casuale: si racconta che Salsa utilizzasse la fornace dei Balbi per cuocere stucchi e stampi, ed è probabile che durante una di queste occasioni abbia stretto rapporti con la famiglia, ricevendo poi l’incarico di affrescare la villa.
Ma le sorprese non finiscono qui: una piccola cappella privata, elegantemente affrescata, si trova adiacente al portone principale, quasi nascosta. Un dettaglio che aggiunge ulteriore valore e mistero alla storia di questa dimora mai realmente vissuta.
Nel corso degli anni, si susseguirono diversi tentativi di recupero e nuove destinazioni d’uso. Si parlò di trasformarla in un albergo o in un collegio religioso, ma nessuno di questi progetti venne mai portato a termine. La struttura rimase così, un gigante addormentato circondato dal silenzio e dalla natura che lentamente se ne riappropria.
Secondo voci locali, fino a una ventina d’anni fa, nel garage della villa era custodita una lussuosa Isotta Fraschini, un’automobile d’epoca che aggiunge ulteriore fascino e malinconia all’intera vicenda.
Oggi, la villa resta lì, incombente e misteriosa, a vegliare su chi passa accanto. Le sue mura raccontano frammenti di storie mai del tutto chiarite, tra affreschi dimenticati, sogni architettonici mai realizzati e leggende che continuano a circolare tra i sussurri della collina.
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