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05 Agosto 2025 - 12:45
Il carcere torinese "Lorusso e Cutugno"
Questa sera, martedì 5 agosto, Europa Radicale organizza una veglia davanti al carcere torinese "Lorusso e Cutugno", con una diretta social dalle ore 23. L’obiettivo è denunciare il peggioramento della situazione nelle carceri italiane, con particolare attenzione al sovraffollamento e ai casi di suicidio. Già lo scorso anno, durante la veglia erano stati esposti i nomi dei 62 detenuti e dei 7 agenti di polizia penitenziaria che si erano suicidati dal primo gennaio al 5 agosto.
L’esponente radicale Igor Boni sottolinea che, rispetto all’ultima veglia, la situazione delle carceri è ulteriormente peggiorata. Boni evidenzia le responsabilità politiche dell'attuale governo, in particolare dei ministri Delmastro e Nordio, accusati di sottovalutare i diritti sia dei detenuti che della polizia penitenziaria.
Stando ai dati dell’associazione Antigone, ad aprile 2025 nelle carceri italiane erano presenti 62.445 detenuti, contro una capienza reale di circa 47.000 posti, con un affollamento effettivo che supera il 130%. Il carcere torinese “Lorusso e Cutugno”, in particolare, ospita (al 31 dicembre 2024) circa 1.450 detenuti, nonostante una capienza prevista di 1.117 persone.
Sempre secondo il rapporto, il piano per nuove strutture carcerarie promosso dal governo non può essere la soluzione, considerando la crescita costante dei detenuti (circa 300 persone in più ogni due mesi). Una situazione aggravata dall’introduzione di nuove norme penali, che colpiscono prevalentemente persone con pene brevi e soggetti fragili, come tossicodipendenti, senza dimora o persone con problemi psichiatrici. Al momento oltre il 51% dei detenuti definitivi ha pene inferiori ai tre anni, soglia utile per accedere alle misure alternative.
Mercoledì 6 agosto, Europa Radicale presenterà una proposta concreta durante una conferenza stampa: introdurre in Italia il sistema del numero chiuso nelle carceri, già adottato nel Regno Unito. Secondo Boni, questa misura impedirebbe l’ingresso di detenuti oltre la capienza massima, spingendo il sistema giudiziario a utilizzare pene alternative come arresti domiciliari, comunità terapeutiche o liberazioni anticipate.
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