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Il ministro scortato via dalla Festa Pd Alta tensione e un «clima avvelenato»

All’appuntamento di sabato scorso il ministro Zangrillo - e non solo - mandato “a quel paese”

Il ministro scortato via dalla Festa  Pd Alta tensione e un «clima avvelenato»

È finita con un ministro scortato la festa dei democratici in piazza d'Armi, sabato sera. Ben 10 agenti, infatti, hanno accompagnato Paolo Zangrillo, ministro della Pubblica amministrazione e segretario di Forza Italia Piemonte, nella sua auto. Dopo un dibattito pubblico all'interno del programma della Festa dell'Unità organizzata dal Partito Democratico, che in poco si è trasformato in lite, mancava poco finisse in un'azzuffata tra un «Si vergogni». Qualche «vaffa», e perfino un: «Fascista», indirizzato al ministro.

Decisamente un'occasione di confronto persa quella che ha visti coinvolti anche il segretario provinciale Roberto Rosso e il commissario torinese di Forza Italia Marco Fontana. Con poco di democratico.

L’atmosfera era partita in modo positivo: Zangrillo è stato accolto dal segretario metropolitano del Pd, Marcello Mazzù, in un gesto definito di apertura democratica, visto che si tratta del primo ministro di un governo di centrodestra a salire sul palco della festa simbolo dei valori Dem. Ma dopo poco il confronto è diventato scontro.

«Purtroppo, durante l’evento – dichiara Zangrillo – sono stato insultato. È grave che un partito che si definisce democratico usi linguaggi violenti e ostili verso chi ha opinioni diverse. Fischi, insulti e toni duri non hanno nulla a che fare con il confronto civile».

Sotto il palco, infatti, in parallelo erano partite le scaramucce tra Fontana e chi dal pubblico si era levato a insultare il ministro. «Quando si è iniziato a parlare di Askatasuna un uomo ha iniziato a mandare a quel paese il ministro. Io mi giro e replico: “Un minimo di rispetto”. Di tutta risposta manda a quel paese anche me», racconta Fontana. Che di lì a poco lascia lo stand. «Dovrebbero esserci delle scuse che non sono ancora arrivate – continua –, invece il segretario Mazzù ci ha chiesto di abbassare i toni, “almeno noi”».

«L’ho visto un po’ in difficoltà – rincara Rosso, su Mazzù –. Mi sarei aspettato si fosse alzato dicendo “Noi ascoltiamo perché siamo per il dialogo”. Invece non è stata gestita e l’incontro non si è nemmeno concluso», spiega Rosso. «Hanno “toppato” anche la motivazione dell’invito. Volevano far vedere che Pd e FI dialogano. Ma era chiaro che alcune idee di base sono diverse: se non si vogliono ascoltare, che c’è di democratico?», continua Rosso. «Un modo insensato e fazioso, più che volontà di discutere», aggiunge l’assessore regionale alle Attività produttive Andrea Tronzano.

Sorpreso del tutto il Pd, che riferisce un atteggiamento canzonatorio fin dall’inizio del ministro. «Non ci aspettavamo un susseguirsi di provocazioni – dichiara Mazzù –; abbiamo comunque invitato i presenti a mantenere la calma e sono andato dal coordinatore Fontana a chiedere di fermarsi ancora». Poi conclude: «Il Pd Torinese rimanda al mittente le provocazioni rispetto alla creazione di un clima avvelenato. Non accettiamo lezioni di democrazia».

Un’ennesima sferzata a questa edizione del ritrovo annuale dei Dem, dopo l’episodio di sessismo “intestino” a causa dell’allusione sessuale chiara – e registrata – del vicepresidente della Circoscrizione 8 Dario Pera, nei confronti della compagna di partito e consigliera Noemi Petracin. Sembra, insomma, che proprio il confronto democratico sia il grande assente. E se da una parte si difende, giustamente, la consigliera, chiedendo le dimissioni di Pera, dall’altra, sul «Fascista» a Zangrillo, si fa spallucce.

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