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Il caso
29 Ottobre 2025 - 22:45
Deliveroo, foto d'archivio
La Cgil di Torino ha deciso di intervenire ufficialmente sul caso dei rider licenziati da Deliveroo perché in possesso di un permesso di soggiorno cartaceo, ovvero temporaneo. Nei prossimi giorni il sindacato invierà una pec di diffida alla piattaforma del food delivery, mettendo in copia prefettura e questura, per chiedere di cessare immediatamente le esclusioni dei lavoratori stranieri titolari di documenti validi.
La procedura, definita durante un incontro in Prefettura, prevede che la questura risponda alla comunicazione confermando ufficialmente via pec la validità legale del permesso cartaceo. “Con questo supporto speriamo di tutelare i lavoratori”, ha spiegato Elena Ferro, della segreteria della Camera del Lavoro, al termine della riunione. “L’incontro è andato molto bene”, ha aggiunto Danilo Bonucci, segretario del Nidil Cgil, che segue i rider con partita Iva e ha già assistito dieci lavoratori estromessi dai turni senza preavviso.
Secondo la Cgil, la piattaforma avrebbe usato la questione del documento come pretesto per allontanare i lavoratori più vulnerabili nei periodi di minore attività. “Vengono eliminati i più fragili, quelli che rendono meno”, ha denunciato Enrico Francia, rider e delegato sindacale.
La società aveva risposto ai sindacati sostenendo che “il permesso cartaceo può essere falsificato con facilità”, motivazione che la Cgil considera inaccettabile.
Dopo vari tentativi di confronto, Nidil e Camera del Lavoro si sono rivolti al prefetto per ottenere una soluzione condivisa. La mediazione ha portato all’accordo di formalizzare il procedimento via posta certificata, così da fugare ogni dubbio interpretativo.
“Con questo supporto speriamo di tutelare i lavoratori”, ha ribadito Ferro, mentre Bonucci ha spiegato che l’obiettivo è “impedire che Deliveroo continui a lasciare a casa persone che hanno pieno diritto di lavorare”.
Ora si attende la risposta della piattaforma, che dovrà decidere se reintegrare i rider esclusi o proseguire su una linea che il sindacato definisce “discriminatoria e priva di fondamento legale”.
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