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Automotive & Luxury

Lamborghini sbarca a Torino e fa il boom (sulle ceneri ex Fiat). Ecco perché

L'inaugurazione dello showroom a Grugliasco e le supercar vanno subito esaurite

torino, il lusso accende i motori: lamborghini vende il 2026 prima ancora dell’apertura

Il motore del lusso, a Torino, continua a girare, nonostante la crisi dell'auto che investe drammaticamente la città. Là dove si parla di auto di alto livello, di bolidi, il mercato regala gioie. Lo dimostra ill nuovo showroom Lamborghini di corso Allamano che ha esaurito gli slot di consegna per il 2026 prima ancora del taglio del nastro. Crisi? Per qualcuno, forse. Ma quando il sogno si presenta in fibra di carbonio e suono V12 elettrificato, la congiuntura sembra scorrere via come acqua sul parabrezza. E suona quasi beffardo, in quella sede in corso Allamano, a due passi dall'ex Maserati dismessa e in vendita, dalla Lear in crisi e in attesa dei cavalieri (bianchi?) della cordata italo-cinese delle microcar.

L'INAUGURAZIONE
Tra champagne e tartine, la serata torinese di inaugurazione dello showroom del toro di Sant'Agata Bolognese - che, ricordiamo, sarà Made in Italy ma fa parte di Audi-Volkswagen - ha avuto il peso simbolico delle grandi occasioni. Stephan Winkelmann, ceo di Automobili Lamborghini, è arrivato in città per inaugurare il nuovo presidio: il settimo showroom in Italia, il 185° nel mondo. Con lui, Federico Foschini, Chief Marketing & Sales Officer, e i padroni di casa Gabriele Vigo e Rinaldo “Dindo” Capello. “Qui si vendono non solo auto ma soprattutto sogni”, ha ricordato Winkelmann. E i sogni, a giudicare dai tempi d’attesa, valgono quanto e più dell’acciaio: le liste ordini hanno corso più veloci del nastro inaugurale, con un 2026 già impegnato.



LA SCOMMESSA DI VIGO E CAPELLO
La scelta di puntare su Torino non è frutto del caso. “Qui c’è un capitale che è fermo perché molti imprenditori non se la sentono più di investire visto che l’automotive sta vivendo un momento delicato. Però il capitale non si è dilapidato. C’è”, ha spiegato il torinese Gabriele Vigo, ex senior partner McKinsey, che ha deciso di cambiare mestiere per aprire la concessionaria insieme a Rinaldo “Dindo” Capello, tre volte vincitore della 24 Ore di Le Mans. La loro è una lettura economica prima ancora che commerciale: se i flussi di investimento produttivo rallentano, il capitale cerca altri sbocchi. È un meccanismo ben noto alla finanza: quando l’incertezza aumenta, l’allocazione si sposta verso asset percepiti come più “sicuri” o identitari. In questo caso, beni di lusso ad alta tenuta di valore e con forte contenuto simbolico.



RICCHEZZA SOMMERSA E DOMANDA DI LUSSO
Il ragionamento di Vigo trova riscontro anche nella geografia del mercato: il Nord-Ovest è terra fertile per il marchio di Sant’Agata. Tra Langhe, Liguria e Valle d’Aosta già duecento Lamborghini rombano sulle strade, segno che la domanda potenziale non era un miraggio. E non è un caso che “molte banche d’affari e gestori di patrimoni stiano aprendo una sede in città”, come osserva lo stesso Vigo: l’arrivo di wealth manager e boutique finanziarie è spesso un termometro anticipatore della presenza di grandi patrimoni. Si potrebbe dire che a Torino scorra una ricchezza “sommersa”, più discreta che esibita, ma pronta ad affiorare quando l’offerta combina esclusività, servizio e prospettiva di valore nel tempo.



GAMMA IBRIDA, SOGNO INTATTO
La vetrina torinese ha messo in scena l’intero spettro della trasformazione Lamborghini. La Temerario, la nuova arrivata, insieme a Revuelto e Urus SE, racconta di una gamma ormai completamente ibrida, ma sempre furiosa. L’elettrificazione, qui, non è un atto di penitenza tecnologica: è la leva per mantenere alte prestazioni e piacere sensoriale dentro i confini di una normativa ambientale sempre più stringente. A ricordare da dove si viene, in un angolo illuminato come una teca museale, due icone: Miura e Countach. Oggetti che non sono solo automobili, ma pietre miliari di un immaginario. E il mercato, a giudicare dagli ordini, la sta comprando.

UN SEGNALE MACRO: MENO COSTRUTTORI, MARCHI PIÙ FORTI
“Ci saranno sempre meno costruttori”: il monito che circola attorno al futuro dell’auto non è un’esagerazione retorica. L’elettrificazione richiede capitali colossali, competenze software, gestione di catene di fornitura complesse. In un contesto simile, la selezione naturale favorisce chi ha brand equity, pricing power e una clientela disposta ad attendere — e a pagare — per un bene che trascende l’uso. Le liste d’attesa di Torino indicano proprio questo: non solo domanda, ma disponibilità a riconoscere un premium alla rarità. Nel linguaggio dell’economia, è la dinamica dei beni di Veblen: più il prezzo e l’esclusività crescono, più la desiderabilità aumenta per una determinata fascia di pubblico.



L’EFFETTO TORINO: TRA PRUDENZA INDUSTRIALE E CONSUMO ASPIRAZIONALE
C’è un paradosso solo apparente nella lettura di Vigo: mentre una parte dell’imprenditoria manifatturiera torinese resta prudente - in Stellantis si punta sulla Fiat 500 Ibrida, scelta economica per mercato ampio, gli incentivi trasformano l'elettrico in low cost - per il momento delicato dell’automotive, cresce la propensione al consumo aspirazionale. È davvero contraddizione? Non necessariamente. La prudenza nell’investire in capacità produttiva non implica l’assenza di liquidità. Anzi: il capitale “in attesa” cerca parcheggi temporanei ad alto contenuto identitario, dove l’esperienza d’acquisto — la “vendita di sogni” evocata da Winkelmann — pesa quanto il bene in sé.  Torino è ancora una piazza ricca, quindi, magari meno rumorosa di altre, ma solida. Il fatto che un player come Lamborghini scelga di investirvi e vi trovi domanda compressa suggerisce che il capitale privato non sia evaporato; semplicemente, attende. 

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