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Parliamone insieme
11 Novembre 2025 - 08:20
I cantieri penalizzano la mobilità sostenibile? A Torino, tra recinzioni arancioni e new jersey, la scena che si ripete in questi mesi assomiglia a un copione già visto: marciapiedi chiusi, piste ciclabili mutilate, cartelli temporanei che non dicono dove andare. È qui che nasce la denuncia di un ampio fronte di associazioni ambientaliste e della mobilità attiva: non è solo disagio, dicono, è una questione di sicurezza e salute pubblica. Ma, guardando al rovescio della medaglia, tutti coloro che scelgono di usare la bici sanno davvero muoversi in sicurezza, nel rispetto del Codice della Strada o del buon senso? Vediamo insieme questo paradosso.
La denuncia
“Pedalare in piazza Baldissera o al parco del Valentino, oggi, è impossibile”. Con questa frase Fiab Torino Bike Pride, Fiab Bici & Dintorni, Fridays For Future, Legambiente, Pro Natura e ToRoller Collective, insieme a diversi circoli e comitati, puntano il dito contro la gestione dei cantieri cittadini. L’appello, rilanciato dall’edizione locale di ilnazionale.it, non è l’ennesimo sfogo di chi reclama “più piste”: è la richiesta che, durante i lavori stradali – pubblici, privati o nel sottosuolo – la città non si dimentichi di chi si muove senza motore.
Nel mirino finiscono due nodi simbolici. Il primo è piazza Baldissera, crocevia strategico ma complicato, dove la realizzazione delle aree di cantiere avrebbe, secondo i firmatari, “completamente dimenticato” i percorsi ciclabili e pedonali. Il secondo è il tratto del parco del Valentino tra corso Dante e corso Raffaello, dove il cantiere ha interrotto la continuità lungo uno degli assi più frequentati per l’accesso al fiume e ai viali alberati.
Poi, a dirla tutta, i cantieri di piazza Baldissera sono nati proprio per risolvere il problema anche per gli automobilisti e i mezzi pubblici, che rimangono regolarmente ingolfati.
I nodi critici: Baldissera e Valentino
La lista dei problemi segnalati è precisa. Piste ciclabili interrotte senza deviazioni protette; obbligo di scendere e spingere la bici in tratti di carreggiata condivisi con auto e bus; segnaletica insufficiente o confusa; marciapiedi bloccati e percorsi pedonali cancellati o deviati su strade trafficate. A farne le spese sono soprattutto i luoghi di forte passaggio: via Principe Amedeo e corso Vittorio Emanuele II vengono citati come esempi di criticità quotidiane, dove il cittadino si trova, letteralmente, a “galleggiare” nel traffico.
Il risultato, denunciano le associazioni, è una frattura nella continuità dei percorsi che costringe chi pedala o cammina a scelte rischiose: invadere la corsia, zigzagare tra mezzi pesanti, cercare varchi tra barriere improvvisate. Ma non sono comportamenti che, già di norma, adottano molti sulle due ruote? Piazza Baldissera è l'esempio: all'attraversamento era normale vedere bici - anche elettriche - piombare senza rallentare nel traffico. Precedenza all'attraversamento, dice il Codice. Ma a scuola guida insegnano che, anche quando si ha precedenza, si rallenta e si osserva se la via è libera.
Che cosa chiedono
La piattaforma avanzata da Fiab, Legambiente e dalle altre realtà è chiara. Primo: verificare già in fase di progettazione che i lavori includano percorsi pedonali e ciclabili temporanei, sicuri e protetti, non soluzioni estemporanee dell’ultimo minuto. Secondo: garantire il rispetto dell’articolo 64 del regolamento edilizio comunale, che impone la salvaguardia dell’incolumità pubblica e della continuità dei percorsi. Terzo: potenziare i controlli della Polizia Locale e prevedere sanzioni per i cantieri non conformi. Quarto: aprire un tavolo di confronto con la Consulta della mobilità ciclistica per definire linee guida condivise e migliorare la comunicazione preventiva ai cittadini. In filigrana, la richiesta è di cambiare paradigma: non considerare pedoni e ciclisti come “danni collaterali” inevitabili, ma come utenti da tutelare al pari di chi guida.
Usare gli attraversamenti pedonali con la bici invece di portarla a mano. E' una pratica diffusa, quasi quanto spostarsi contromano lungo una via normale. Sfrecciare sui marciapiedi, magari anche sotto i portici con la scusa "in strada è pericoloso" non è la soluzione, visto che mette a rischio i pedoni. Ma tanti non ci pensano evidentemente.
L'efficienza del mezzo. Come un'automobile, anche una bici deve essere funzionante, efficiente, non presentare guasti o mancanze pericolose. Invece, lo vediamo bene a Torino, sono tanti coloro che, magari tramite quelle botteghe/officine del recupero di vecchi mezzi, comprano biciclette di recupero, dove l'efficienza dei freni o la qualità delle camere d'aria è una scommessa... Attenzione: è come comprare un'auto di quindici anni e non eseguire la manutenzione.
Che cosa dice il Codice della Strada
La circolazione dei velocipedi - anche fuori città dove i ciclisti della domenica hanno ormai dimenticato che si deve circolare in fila indiana - è regolata dall'articolo 182 del Codice della Strada che, tra le altre cose, prescrive i velocipedi devono avere freni indipendenti, campanello, luci anteriori bianche o gialle, luci posteriori rosse e catadiottri rossi posteriori e gialli su pedali e ruote. I ciclisti devono circolare sulle piste ciclabili riservate quando presenti e, in mancanza, il più vicino possibile al margine destro della carreggiata. È obbligatorio essere dotati di un giubbotto o bretelle retroriflettenti in condizioni di scarsa visibilità, come di notte, al tramonto, all'alba o in galleria.
Aggiungiamo anche questo al tavolo di confronto (assieme a un ripasso delle norme del medesimo Codice anche per gran parte degli automobilisti...).
Voi che ne pensate? Scrivetecelo nei commenti qui sotto o sui nostri canali social (e, comunque, anche chi scrive si muove su due ruote...).
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