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il reportage

L'invasione dei migranti nel paese senza negozi

A Chiaves, Valli di Lanzo, non c'è nemmeno una farmacia. Ma ci sono 50 richiedenti asilo

La palazzina è in strada Fontana Sistina. Quattro piani, fuori un cortile, l’autista del bus deve avere sudato sette camicie per portare quassù i cinquanta migranti che hanno sconvolto la vita di una micro-frazione delle Valli di Lanzo. Chiaves, mille e quarantanove metri di altezza, cento abitanti in tutto - ma senza i vacanzieri diventano cinquanta - se prima era famosa per la polenta concia ora è finita sulla bocca di tutti perché ai pochissimi residenti del luogo si sono uniti dei richiedenti asilo ospitati in un condominio vuoto da anni, messo a disposizione dal proprietario alla cooperativa torinese Sanitalia Service. «Siamo preoccupati, non solo per noi ma anche per questi migranti», afferma Manuela Massa, da due mesi titolare dell’unico negozio della frazione, un bar-alimentari. «Questo è un paesino con pochi servizi. Ci chiediamo che aspettative hanno dato a questi richiedenti asilo. Forse volevano solo scaricarli da noi e lasciarli qui».

Un sospetto che a Chiaves hanno in parecchi. Maria Luisa Cravero, residente da 27 anni nella frazione, ha raccolto 84 firme per far convocare un’assemblea pubblica che si è svolta nella piazzetta di fronte alla parrocchia di San Giovanni Evangelista, alla presenza del sindaco di Monastero. «Vogliamo conoscere il destino di questi migranti - lamenta - perché tra poche settimane qui inizierà a fare freddo e noi li vediamo andare in giro in infradito. Inoltre, a parte un piccolo campetto per giocare a calcetto, qui non c’è nient’altro da fare». «Nessuno ci ha avvertito dei migranti. Li abbiamo visti arrivare una mattina e abbiamo esclamato: “E questi chi sono”?», ricorda Mario, ex stuccatore oggi in pensione, mentre sfoglia il giornale. In effetti, Chiaves è il classico posto dimenticato da Dio. Oltre al già citato negozio di alimentari con bar annesso, non c’è altro. Il mercato? E’ a Lanzo. La farmacia? A Lanzo. I negozi? Sempre a Lanzo. Non c’è più nemmeno il medico. Fino a qualche anno fa, i pazienti della frazione venivano visitati dal dottor Roberto Micheletta, ora devono trovarsi un altro medico. Dove? Ovviamente a Lanzo. Nicola Ferroglia, ex tecnico in una cartiera, dal 2004 al 2019 sindaco di Monastero, è il presidente della pro-loco della zona e prova a gettare un po’ di acqua sul fuoco: «Dobbiamo capire che stiamo vivendo una situazione difficile, che riguarda tutta l’Italia, di certo non solo Chiaves. E non possiamo puntare il dito contro dei richiedenti asilo, che non hanno colpe. Anzi, il nostro compito sarà cercare di farli integrare e di convivere con loro». La pensa così anche Alessandra, insegnante di religione: «Sono favorevole all’integrazione ma serve un progetto preciso. Non basta portarli qui, vanno alfabetizzati, devono imparare la lingua italiana, è questo il primo passo».

I migranti provengono per la maggior parte dai paesi del centro-Africa. Varcando la soglia del condominio, però, le loro facce si fanno sospettose. «Vengo dal Burkina-Faso, scusami, non parlo bene l’italiano», farfuglia un giovane che non avrà neanche 30 anni, cuffie nelle orecchie e scopa in mano perché intento a pulire le scale. Anche le finestre si chiudono, e le tende vengono tirate. Segno che i cronisti non sono ben accetti. Non resta che scendere di 200 metri, a Monastero di Lanzo, e parlare col sindaco. Maurizio Togliatti, 33 anni, il primo cittadino più giovane delle Valli. Mai prima d’ora era stato così impegnato, infatti passa ore al telefono perché tempestato di chiamate della gente preoccupata. «Anch’io sono stato avvisato all’ultimo, ma siamo in contatto con la cooperativa per gestire qualsiasi problema. Le preoccupazioni dei residenti? Gli organi di sicurezza vengono costantemente avvisati».

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