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Il caso

Chi li ha visti? 900 scomparsi fra Torino e provincia: «Cambiamo il modo di cercarli»

L'appello dell'associazione Penelope e della sorella di Claudio Ellena, trovato morto dopo tre settimane

Quasi tre persone al giorno, per un totale di 900 denunce di scomparsa nel 2023: un numero che mette i brividi, soprattutto se confrontato con un altro. «A fronte di questi quasi mille casi, solo una volta è stato attivato il piano di attivazione di ricerca previsto per legge» denuncia Fabrizio Pace, psicologo, criminologo e presidente di Penelope Piemonte, l’associazione che dal 2012 aiuta le famiglie delle persone scomparse. «La nostra sola esistenza conferma che c’è una falla nel sistema. Noi siamo volontari e facciamo da ponte con le istituzioni, che dovrebbero coinvolgerci direttamente nelle ricerche. Invece riceviamo pochissime denunce e spesso le istituzioni chiedono aiuto a noi: è evidente che deve cambiare qualcosa».

Purtroppo il fenomeno denunciato da Penelope non è una novità e lo confermano i numeri. A spingere l’associazione a denunciare pubblicamente il problema è il caso emblematico di Claudio Ellena, l’86enne scomparso il 14 febbraio e trovato senza vita il 5 marzo, venti giorni dopo. L’anziano era in un dirupo a Pino Torinese, seduto a bordo della sua Lancia Ypsilon: «Dobbiamo sentirci tutti responsabili di aver lasciato morire di stenti una persona - premette Pace - L’autopsia dice che Ellena è morto di embolia polmonare, quindi non è stato un incidente. Poteva essere salvato, invece la sua è stata una lunga agonia perché non lo abbiamo cercato a dovere».

Claudio Ellena e, sopra, la sua Lancia Ypsilon nel dirupo a Pino Torinese

Pace ripercorre quello che è stato fatto e non fatto nei venti giorni fra la scomparsa e il ritrovamento dell’86enne torinese. Accanto a lui ci sono i familiari: «E’ triste sapere che una persona scomparsa non viene cercata. Non deve più succedere ad altri» si sfoga, con la voce rotta, Maria Teresa Ellena, sorella di Claudio. «Quando abbiamo presentato denuncia, i carabinieri non l’hanno definita una scomparsa ma un allontanamento volontario - ricorda la nipote di Claudio Ellena, Patrizia Zaccara - Poi ci siamo ritrovati a sollecitare quotidianamente, senza che nessuno ci dicesse nulla sulle ricerche».

Maria Teresa Ellena e Patrizia Zaccara

All’inizio è emerso che il cellulare dell’86enne aveva agganciato prima la cella del campo volo di Collegno e poi quella di località Tetti Miglioretti a Pino Torinese, dov’è stato poi trovato: «Eppure lo hanno cercato solo a Collegno e non a Pino - sottolinea Pace - E ancora oggi non c’è l’autorizzazione a recuperare i tabulati delle chiamate».
Riprende Zaccara: «Noi siamo andati ovunque a cercare mio zio, che poi è stato trovato per caso. Il nostro appello è che non si ripeta con altre persone e che vengano immediatamente organizzate le ricerche, che venga localizzato il cellulare, che si facciano voli con elicotteri e droni per trovare persone che spesso possono essere rintracciate facilmente».

I parenti di Ellena riportano, nella sostanza, il contenuto della memoria che hanno inviato al pubblico ministero Alessandro Aghemo (sostenuti dall’associazione Penelope e dall’avvocato Roberto Saraniti). Ora il pm indaga per omicidio colposo contro ignoti: «Chiediamo agli inquirenti che ci spieghino quando è morto Claudio: l’autopsia non lo dice ma ci sono elementi che dimostrano come lui abbia vissuto a lungo dentro quell’auto. La nostra ipotesi è che ci sia stata negligenza nei soccorsi».
Secondo l’associazione Penelope, il caso di Ellena potrebbe essere solo uno fra tanti: «Le persone non possono essere cercate diramando un comunicato fra le forze dell’ordine. Bisogna cercarle attivamente, girando per i luoghi in cui possono trovarsi sin dalle prime ore. Altrimenti non le troveremo mai e quello che è successo al signor Claudio potrà capitare a chiunque di noi».

Fabrizio Pace, presidente dell'associazione Penelope

Non sarebbe neanche la prima volta, come ricorda lo stesso Pace. Un triste "precedente" è quello di Flavio Cogotti, 55 anni, scomparso dall’ospedale di Orbassano e trovato morto dieci giorni dopo, a 500 metri di distanza. Era il 21 luglio 2022 e lui era ricoverato lì per accertamenti. Soffriva d’ansia e depressione, con stati di confusione mentale e temporanee amnesie. Nelle ore successive sono partite le ricerche con le unità cinofile dei carabinieri, polizia locale e protezione civile, raccogliendo testimonianze di avvistamenti tra Rivalta o Torino. Falsi allarmi, evidentemente: il suo cadavere, in avanzato stato di decomposizione, è stato ritrovato la sera del 31 luglio in via Prima Strada all’Interporto Sito (poco distante dall’ospedale).

Flavio Cogotti

«Avevamo dato indicazioni precise sul luogo delle ricerche, anche perché era uscito di lì in ciabatte e pannolone - ricorda Fabrizio Pace, presidente dell’associazione Penelope - Purtroppo lo hanno cercato fuori Torino, invece lui era a soli 500 metri dall’ospedale. Poi abbiamo chiesto di fare l’autopsia e di indagare, eppure non è stato fatto nulla: noi non riusciamo ad accettare che nessuno sia responsabile di una tragedia simile».

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