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IL CASO

VIDEO - Guerra fra rom a Torino, parlano le due fazioni: ecco cosa ci hanno raccontato

I protagonisti sono fratello e sorella, che si accusano a vicenda e incolpano i parenti più stretti

Minacce, botte, speronamenti, mazzate sulle auto nei giorni scorsi. E la scorsa notte un doppio incendio, con otto veicoli colpiti dalle fiamme e il tentato omicidio di una donna e della sua bambina: sale di livello la guerra fra famiglie rom che, da giorni, terrorizza un intero quartiere a cavallo fra Barriera di Milano e Regio Parco. E che potrebbe degenerare ancora, almeno stando alle accuse che si muovono i protagonisti della faida: «Mio fratello ha dato fuoco al furgone dove dormivo insieme a mia figlia, voleva ucciderci» accusa Ilda Sulejmanovic. «Non è vero, sono suo marito e suo figlio che vengono da noi, ci picchiano e ci minacciano con coltelli e pistole» ribattono il fratello, Tahir, e la moglie.

Gli incendi della scorsa notte, fra corso Taranto 130 e via Bologna 267, sono solo gli ultimi atti di una guerra che va avanti da mesi. E trovano collegamenti fino al 7 aprile 2024 quando era scoppiata una rissa tra le famiglie Sulejmanovic e Salkanovic in via Cimarosa. Una donna incinta, appartenente ai Salkanovic, era stata portata al Maria Vittoria e una volta arrivata in ospedale aveva perso la bimba che aveva in grembo. Un dramma che aveva incendiato ancora di più la faida, arrivando fino all’omicidio di Jhonny Sulejmanovic, avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2024 a Milano (per cui tre uomini sono stati condannati a gennaio mentre altri due sono latitanti).

Adesso, a quanto pare, la guerra riguarda due rami della famiglia Sulejmanovic, uno di casa in via Bologna 265-267 e l’altro in corso Taranto (tutti quartieri popolari): «Siamo tanti e abusivi, qualcuno dorme in casa e altri nel furgone» ammette Ilda Sulejmanovic.
La prima scintilla della faida è la rissa scoppiata giovedì sera durante una festa di matrimonio in un ristorante romeno di via Massari: «Si sposava nostro figlio - spiegano Tahir Sulejmanovic e la moglie, che abitano in via Bologna 267 - Nostro cognato Carlo è venuto a chiederci mille euro. Ci ha detto che, altrimenti, avrebbe rapito nostro figlio e ci avrebbe chiesto il riscatto». Di fronte al rifiuto, è scoppiata la rissa fra i parenti. Poi, dopo bottigliate in testa e e un posacenere in faccia, sono scattati gli speronamenti in via Massari e in via Bologna 267. Poi, a quanto risulta, Carlo Sulejmanovic è andato al San Giovanni Bosco per farsi medicare ma ha finito per aggredire i poliziotti, che poi lo hanno arrestato per violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Poi, a quanto pare, è già tornato in libertà: «Venerdì è venuto con i figli a minacciarci con coltelli e pistole» riporta il “ramo” Sulejmanovic di via Bologna. Tra qui e via Cravero si sono ripetute le scene da Far West, con botte, speronamenti e vetri delle auto rotti a mazzate (con un bus 18 di Gtt danneggiato).

Tutto finito? Solo fino alla notte fra venerdì e sabato, quando qualcuno ha lanciato una molotov contro un furgone parcheggiato in corso Taranto 130: «Hanno tentato di uccidere me e mia figlia». Perché? «Per la rissa al matrimonio e quello che è successo dopo con mio marito. Ci avevano già minacciati».

Contrattaccano suo fratello e la moglie: «Ha dato fuoco lei perché non aveva scuse per fare la denuncia. Poi il marito e il figlio sono venuti a minacciarci, dicendo che avrebbero ammazzato nostro figlio. Ci hanno picchiati, c’era anche l’altra figlia, che è incinta. E alle 2.30 di notte sono tornati e hanno bruciato i furgoni e le macchine qui in via Bologna». Questo, al momento, è l’ultimo atto. Insieme ai vigili del fuoco, che hanno domato gli incendi, sono intervenuti carabinieri e polizia. Ora le indagini sui vari episodi sono stati riuniti e affidati alla Squadra mobile della questura.

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