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Il caso

Bimbo investito dal treno, la mamma in lacrime: «Maledetti, il mio Andrei è morto»

La replica della comunità da cui è scappato: «La capiamo ma siamo convinti di non avere colpe»

Bimbo investito dal treno, la mamma in lacrime: «Maledetti, Andrei è morto»

La mamma di Andrei Revene è stata l’ultima a sapere che suo figlio era stato investito e ucciso da un treno. Pensava che fosse ancora al sicuro nella comunità Mafalda, cui lo aveva affidato il Tribunale dei minori dopo che era scappato da casa. Fino a quando gli assistenti sociali del Comune di Torino l’hanno rintracciata, molte ore dopo l’incidente di Borgo Revel (frazione di Verolengo).

La donna, rimasta vedova prima di trasferirsi dalla Moldavia all’Italia, si è sentita male ed è servito l’intervento di un’ambulanza del 118. Poi si è ripresa e, nelle tre ore in cui gli operatori sono rimasti con lei, ha pianto, ha urlato e ha maledetto gli educatori che avrebbero dovuto fare stare meglio il suo bambino. Invece non sono riusciti a impedire che fuggisse anche dalla comunità e finisse sotto un treno. «Capisco la sua rabbia - riflette Mauro Maurino, uno dei responsabile di Crescere Insieme, storica cooperativa che gestisce la struttura di Verolengo - Ma noi siamo convinti di non aver sbagliato, anche se è giusto che s’indaghi per chiarire la vicenda».

Stanno indagando la polizia ferroviaria di Torino e la Procura di Ivrea, che ha aperto un’inchiesta per abbandono di minore con l’aggravante della morte: ora rischiano di essere iscritti nel registro degli indagati il legale rappresentante della cooperativa, la coordinatrice e gli educatori presenti al momento della fuga del bimbo di origine moldava.
«Siamo riusciti a ricostruire quei 35-40 minuti in cui è successo tutto - ripercorre Maurino - Abbiamo visto uscire Andrei alle 17.10 e lo abbiamo rincorso, senza pensare che potesse entrare in stazione e andare sui binari».

Dove, alle 17.50, è stato travolto dal treno: «Abbiamo seguito tutte le procedure e, al termine di quest’onda emotiva, ne usciremo bene. Siamo una comunità educativa, non un carcere: penso che le indagini o il successivo processo diranno che noi abbiamo fatto tutto il possibile». C’era qualcuno che poteva fare qualcosa allora? «Si possono fare tante ipotesi e chiedersi, per esempio, perché non hanno fermato i treni? Il tempo ci sarebbe stato. Ma io non voglio scaricare responsabilità ad altri e fare un gioco al massacro. Quella di Andrei è una disgrazia imprevedibile». Poi Maurino si commuove: «Resta il fatto che un bambino di 9 anni non c’è più e dobbiamo trovare il mondo di trarre una lezione da questa tragedia».

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