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Il caso
09 Novembre 2025 - 07:45
Non tornano molte cose, leggendo le relazioni dei carabinieri e quella dell’avvocato Roberto Saraniti, legale della famiglia Favro. È il caso mediatico che da venti mesi tiene la Valsusa sospesa tra attesa e inquietudine: Mara Favro, donna scomparsa e poi ritrovata senza vita, resta al centro di un’inchiesta che non ha ancora fornito risposte definitive. Le indagini, fino ad oggi, si sono concentrate su due indagati: Luca Vincenzo Milione e Cosimo Esposito, ex pizzaiolo. Per entrambi la Procura ha chiesto l’archiviazione, ma la famiglia di Mara si è opposta, contestando la ricostruzione e sollevando dubbi su molti passaggi tecnici. Tra relazioni dei carabinieri e informative, restano ancora molti coni d’ombra.
Uno dei punti centrali è la nota del Reparto Cyber Investigation dei carabinieri di Milano, datata 22 marzo 2025: il telefono di Mara, nella notte della scomparsa, agganciava dalle 01.08.38 alle 01.33.04 la cella di Bianchi Inferiori, a Susa, quella che serviva abitualmente la sua abitazione. Secondo la difesa della famiglia, questo dettaglio non risulta compatibile con la presenza di Esposito, che le celle collocano a Chiomonte, insieme al titolare Milione.
E poi Esposto sparisce da ogni radar, se ne va senza preavviso, lascia il lavoro, lascia la città, dopo la scomparsa della Favro.
Un altro elemento riguarda il contatto tra Milione e Fabrizio, fratello di Mara, il 9 marzo, prima ancora che fosse formalizzata la denuncia di scomparsa. La relazione dei carabinieri osserva che «potrebbe essere che Milione fosse preoccupato per la salute di Mara, in quanto aveva ceduto della droga alla donna».
Restano aperte le domande. Mara è stata uccisa? Si è uccisa? E’ morta a causa di un incidente? Le prime informazioni sullo stato mentale della donna provengono dai suoi legami più stretti: il fratello, il 10 marzo, dichiara ai carabinieri che Mara «soffre di sdoppiamento della personalità», mentre l’ex compagno, Massimiliano, ascoltato il 22 marzo, afferma che Mara «potrebbe aver tentato un gesto anticonservativo». L’atto di opposizione depositato chiede di riaprire il fascicolo con una lunga serie di accertamenti tecnici e scientifici: la ricerca di cellule epiteliali e tracce biologiche derivanti dal contatto con terzi, eventuali tracce pilifere, analisi di campioni ematici sugli indumenti, controllo delle calzature per verificare se i residui sotto la suola siano compatibili con il luogo del ritrovamento o provengano da un altro ambiente, nuovi sopralluoghi alla ricerca di resti scheletrici, analisi delle larve eventualmente presenti sotto tali resti, utilizzo del metal detector per cercare il telefono mai ritrovato e valutazione delle lesioni sugli abiti per capire se siano compatibili con strumenti da taglio. Secondo le celle telefoniche, Mara sarebbe rimasta 23 minuti a casa sua la notte della scomparsa. Del resto, una donna che motivo avrebbe avuto di lasciare le chiavi di casa nel cassetto della pizzeria? Aveva uno spogliatoio dove di solito custodiva la borsa: perché prenderle e metterle in un cassetto del locale? Le stesse celle mostrano che Mara si è trattenuta per ore in un’area appartata del Comune di Gravere, nota come «lo spiazzo delle coppie». La notte era fredda. Era sola? E cosa ha fatto in quelle ore? Le ricerche sul telefono mostrano un utilizzo intenso di Google, Facebook, Spotify e YouTube. Gli investigatori si chiedono se Mara facesse uso di sostanze, voce mai confermata ufficialmente, mentre è accertato che la donna si prostituiva per vivere. Mara soffriva di disturbi psichiatrici e assumeva Carbolithium (stabilizzatore dell’umore), Aripiprazolo (antipsicotico), Escitalopram (antidepressivo) e un antibiotico per infezione respiratoria. Ci si interroga su quali effetti avrebbe potuto avere la combinazione di farmaci e eventuali sostanze stupefacenti: avrebbe potuto alterare percezione e lucidità e indurla a un gesto estremo? La diagnosi di disturbo bipolare risale al 2020, dopo un primo ricovero a Villa Turina Amione (dal 10 febbraio al 15 aprile). Nel 2023, un nuovo ricovero di sette giorni seguì un episodio maniacale, un anno prima della sua morte. Secondo le ricostruzioni dei medici, Mara si trovava in una fase maniacale, non depressiva, al momento della scomparsa .Oggi restano solo domande. Le relazioni, le celle, le tracce e i messaggi raccontano molti dettagli, ma nessuna verità definitiva. Dopo venti mesi, il caso di Mara Favro resta aperto, in attesa della decisione del gip.

Un dettaglio inquietante emerge dalle indagini sul caso di Mara Favro: le scritte sullo specchio della sua camera da letto. Secondo fonti vicine agli investigatori, le scritte sarebbero state realizzate proprio da lei. Venne effettuata una perizia calligrafica per confermare l’autenticità. «Chiomonte», «carabinieri», «verbale medico legale», «autopsia?», «Camera mortuaria» e «Susa». La più allarmante di tutte è la data «8/3/2024», che coincide con il giorno della morte di Mara. Perché quelle parole? Quale significato avevano per lei? Resta il dubbio se rappresentasse un pensiero ossessivo, una preparazione mentale o un tentativo di comunicare qualcosa a qualcuno. Tra i messaggi conservati sul cellulare di Mara, uno spicca per intensità: è rivolto alla figlia. La mamma prometteva di comprarle una felpa raffigurante Stitch, appena ne avrebbe avuto la possibilità economica. Un gesto quotidiano che non ha avuto il tempo di concretizzarsi.
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