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Energia, rallentano gli investimenti green in Italia

Secondo il rapporto Confartigianato su dati UnionCamere ed Excelsior, la transizione ecologica perde slancio a livello nazionale

Energia, rallentano gli investimenti green in Italia

Gli investimenti green delle imprese italiane segnano una battuta d’arresto

Gli investimenti green delle imprese italiane segnano una battuta d’arresto. Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato basata sui dati UnionCamere ed Excelsior, nel 2024 la quota di aziende che ha investito in tecnologie e processi sostenibili è scesa dal 25,2% al 24,7%, con una flessione dello 0,5%. Un calo che si accentua se confrontato con il 2023, quando la propensione agli investimenti ambientali era già in lieve diminuzione.

Il rapporto evidenzia un rallentamento generalizzato della transizione ecologica, aggravato da costi finanziari elevati e da una tassazione ambientale tra le più onerose d’Europa. Il cosiddetto green tax spread – la differenza tra il prelievo fiscale ambientale in Italia e quello medio dell’Unione Europea – ammonta a 11,1 miliardi di euro, pari a 188 euro pro capite in più rispetto alla media europea. Il gettito fiscale ambientale italiano ha raggiunto i 54,2 miliardi di euro (2,5% del PIL), contro una media UE del 2%.

Le principali voci di questa tassazione riguardano accise su carburanti (25,7 miliardi di euro), imposte su energia elettrica e gas (12,6 miliardi) e tasse legate al trasporto (11,1 miliardi). L’Italia, pur avendo un impatto ambientale pro capite inferiore dell’8,4% rispetto alla media europea, resta tra i Paesi con il carico fiscale più elevato, superata solo da Paesi Bassi e Finlandia.

Il Piemonte emerge come una delle poche regioni in controtendenza, con un incremento dell’1,2% nella quota di imprese che investono in sostenibilità. Meglio ha fatto solo l’Emilia-Romagna (+1,6%), seguita da Campania (+1,0%), Valle d’Aosta (+0,8%), Lazio e Umbria (+0,7%). In forte calo invece Basilicata (-8,6%), Calabria (-4,6%) e Sardegna (-4,1%), regioni che pure vantavano livelli iniziali più alti di investimento verde.

Tra i principali ostacoli figurano la stretta monetaria, che ha aumentato il costo del credito, e la scarsa efficacia del piano “Transizione 5.0”: al 15 settembre 2025 risultano inutilizzati 4,2 miliardi di euro, pari al 68,1% delle risorse previste. Una quota significativa che, secondo gli analisti, dimostra la difficoltà delle imprese, soprattutto di piccole dimensioni, ad accedere ai fondi e a orientarsi tra gli incentivi esistenti.

“Nonostante i segnali positivi dal Piemonte, serve un cambio di rotta nelle politiche pubbliche – commenta Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino –. Il riordino degli incentivi previsto con la prossima legge di bilancio dovrà essere l’occasione per recuperare le risorse inutilizzate e sostenere le imprese che investono nella sostenibilità”.

De Santis ha inoltre ribadito la necessità di una revisione della fiscalità ambientale: “Il divario fiscale penalizza cittadini e imprenditori e contraddice il principio europeo ‘chi inquina paga’. Non può esistere sostenibilità ambientale senza sostenibilità economica: le micro e piccole imprese italiane devono essere messe in condizione di competere, non gravate da un carico fiscale superiore alla media europea”.

Il Piemonte si conferma un territorio dinamico nel campo della green economy, ma i segnali positivi regionali non bastano a compensare il rallentamento nazionale. Il settore attende ora interventi mirati nella prossima legge di bilancio per rendere la transizione ecologica non solo un obiettivo ambientale, ma anche una leva di competitività per il sistema produttivo italiano.

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