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Il Borghese
27 Aprile 2024 - 05:30
Cambio al vertice della Fondazione Crt
Adesso la bufera sulla Fondazione Crt assume i contorni di una spy story. Mentre a Torino si cercava di ricostruire un accordo di qualche genere per riprendere il controllo dell’ente dopo le dimissioni del presidente Palenzona, il ministero decide di indagare sulla vicenda. E nello stesso tempo spuntano le mail dei “congiurati” e il nome di chi ha fatto esplodere il pasticciaccio brutto.
Mentre scriviamo, il presidente a interim, l’avvocato Maurizio Irrera, ha convocato d’urgenza il consiglio di amministrazione per discutere della missiva arrivata, tre giorni fa, dal ministero dell’Economia. "Chiediamo a questa Fondazione di fornire un’adeguata informativa sui fatti, comprendente le valutazioni di ciascun organo di indirizzo", scrive in una comunicazione Marcello Sala, direttore generale del Mef, riferendosi alle circostanze che hanno portato alla rinuncia del presidente sfiduciato Palenzona, pochi giorni dopo quella del segretario generale, il suo fedelissimo Andrea Varese. Inoltre, il Mef richiede di avere accesso agli atti delle ultime tre decisive riunioni.
Irrera, nella convocazione ai consiglieri, chiede di «rendere noto all’organo di appartenenza la sussistenza di un conflitto di interesse», come a norma dello statuto della Fondazione. Come a dire, se ci sono altri “congiurati”, parlino.
Perché per il momento la cosiddetta fronda che ha fatto esplodere lo scandalo ha due nomi. Uno è il consigliere Corrado Bonadeo, costretto a dimettersi quando scoperto, l’altro emerge da alcune mail allegate ai pareri legali richiesti da Palenzona per giustificare il precedente ricorso al Mef riguardo quel patto per “influenzare le nomine”.
Corrado Bonadeo scriveva al consigliere Francesco Galietti, per farlo entrare nel patto occulto. Nei documenti, con elenchi di altre persone da cooptare, c’era anche la raccomandazione di tacere riguardo quella iniziativa. Galietti, però, aveva riferito al presidente. Tanto da essere poi apostrofato, quando tutto era emerso, con un «sei tu il Giuda?» via WhatsApp da Bonadeo.
Il ministero si era però dichiarato non competente. Qui, invece, evidentemente, anche «per il clamore mediatico», si ritiene che le decisioni prese - il Cda ha in pratica nominato da sé i rappresentanti nelle varie partecipate, dopo che Palenzona, irritato, aveva staccato la videoconnessione con un «fate voi» - potrebbero influenzare l’andamento della gestione della Fondazione Crt.
La Fondazione Crt, azionista di Unicredit, Generali e Mundys, gestisce un patrimonio di oltre 3,6 miliardi e dona 70 milioni di euro sul territorio alla non profit ogni anno. E inizialmente il 7 maggio era prevista una riunione per scegliere il nuovo presidente. Servono almeno otto favorevoli nel consiglio di indirizzo per poter proporre una candidatura. E Comune di Torino e Regione Piemonte stanno cercando il nome giusto, mentre si sfila l’Arcidiocesi che risponde alle indiscrezioni del nostro pezzo di ieri: «La Diocesi conferma il proprio apprezzamento per la meritoria azione sociale della Fondazione e il proprio desiderio di collaborazione, ma precisa di non essere coinvolta in nessun tipo di accordo, né di avere alcuna competenza nel governo della Fondazione».
Diverso sarà però, stando ad alcuni rumors, il ruolo del consigliere Antonello Monti, considerato vicino ad ambienti della Conferenza Episcopale Italiana. Tra i papabili ci sono le carte di Michele Vietti, presidente di Finpiemonte - e sua moglie Caterina Bima è vicepresidente della Fondazione -, di Enzo Ghigo “silurato” proprio da Palenzona nel CdI, Guido Saracco, ma anche la docente e costituzionalista Anna Maria Poggi - che sembra avere il profilo più indicato - e il costruttore Antonio Mattio, che sarebbe gradito anche a Fdi, al momento a bocca asciutta nella settimana terribile della Fondazione.
Ma il tempo stringe e, oltre ai due esposti in Procura a Roma sulla fuga di notizie riguardo sia il patto occulto sia i 20 milioni investiti in Enosis, azienda vinicola-laboratorio di Fubine, si fa sempre più concreto il commissariamento dell’ente (che azzererebbe anche un buon numero di nomine).
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