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Il Borghese
19 Marzo 2025 - 09:20
A parte le presenze del senatore a vita (quando non si annoiava) Gianni Agnelli, un padrone della Fiat che va a rendere conto al Parlamento è un inedito, a memoria. Questo per dire due cose: o John Elkann ha deciso per una svolta epocale alla gestione dell’impero (non più solo) Fiat, oppure la situazione è davvero seria. Certo, non relazionerà nell’aula di Montecitorio, ma nella Sala del Mappamondo di fronte alle commissioni riunite alle attività produttive, alle 14.30. Resta comunque un passo significativo, soprattutto per capire cosa dirà e cosa ci aspetta. E cosa chiederà, più che offrire.
Partiamo da una sottigliezza che tanto sottile non è: Elkann non relazionerà nella sua qualità di “padrone”, ma in quella di amministratore delegato, dal momento che regge il comitato esecutivo dopo la cacciata di Carlos Tavares. E proprio l’esibizione di Tavares (che aveva chiesto chiaramente altri incentivi), pochi mesi fa, dovrà far dimenticare Elkann.
Sarà per questo che, a Roma, è accompagnato da Jean Philippe Imparato, a capo di Stellantis Europe Enlarged, che da poco ha preso sede proprio a Torino. Il manager dovrebbe essere quello che relazionerà sul cosiddetto Piano Italia, quello già presentato al Mimit, con investimenti per 2 miliardi di euro diretti, altri 6 o 7 in acquisti di materiali da fornitori italiani, mantenimento delle produzioni in quasi tutti gli stabilimenti (poi vedremo il perché di quel “quasi”), svolta verso l’ibrido e via dicendo. Elkann, invece, dovrà occuparsi della moral suasion dell’uditorio, dovrà illustrare una visione (e c’è la forte sensazione che ribadirà quanto «Fiat ha dato al Paese», cavallo di battaglia dal luglio scorso). Ben difficile che si faccia trascinare in una serie di round con i i deputati e i senatori (Tavares invece non aspettava altro). Per quello c’è Imparato.
Ma ci sarà il match? A parte con Carlo Calenda, che già prepara i guantoni. Nella maggioranza c’è tutta l’intenzione di non turbare l’equilibrio che pare essere stato trovato fra il Gruppo e la Presidenza del Consiglio (forti rumors in ambito finanziario davano certo un incontro veloce e riservato di Elkann e Meloni già ieri sera, se non oggi in mattinata). Elkann, però, dovrà dare risposte. E, a quanto abbiamo saputo in ambiti economici, a differenza di Tavares (e pure del nonno per interposta persona) non chiederà incentivi.
Al momento sul piatto c’è la svolta di Mirafiori con la Fiat 500 Ibrida (ad aprile la fabbrica si fermerà per il montaggio delle nuove linee) e il GrEEn Campus che diventerà il cervello europeo di Stellantis. Ma, sul made in Italy, fa paura la situazione di Maserati: tutta la produzione dovrebbe essere spostata a Modena, ma di piani di rilancio non si parla e i dipendenti modenesi vengono invitati alla trasferta in Serbia alle linee della Grande Panda o a Torino all’hub Sustainera dell’economia circolare. E ci si chiede: quanto peserà l’Italia nei nuovi schemi di Elkann? Lunedì, a Parigi, avrà dovuto chiarire con i soci francesi la necessità di ripianere quello squilibrio del passato? E quando arriverà il nuovo ceo? Sarà italiano?
Tutti interrogativi cui si aggiungono quelli dei sindacati, da Torino. Per Giorgio Airaudo, Cgil, «Elkann non ha niente da dire, è solo una questione mediatica. Perché non ha difeso l’industria dell’auto in questo Paese e in questa città?». Da Luigi Paone Uilm, arriva l’appello per «un nuovo modello oltre alla 500 ibrida e nuove assunzioni in produzione, dando un segnale che lo stabilimento ha un futuro a lungo termine» e aggiunge: «Alla politica chiediamo un piano straordinario sull'energia, per essere competitivi con gli altri paesi europei, e che venga costruito un ammortizzatore sociale ad hoc per l'intero comparto automotive».
Ecco perché Stellantis figurativamente non chiederà incentivi: le sue richieste le avanzano già i sindacati. E hanno una logica (tanto che in seno al governo c’è Giorgetti pronto a sostenerli, a costo di litigare con il suo partito ma non sarebbe una novità). Ma non dimentichiamoci che il vero confronto ci sarà (o c’è già stato) al di fuori di questa sala, anche se non troppo lontano.
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