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Tax Freedom Day

7 giugno: da oggi si lavora (idealmente) per sé stessi. È arrivato il Tax Freedom Day

Scatta il primo weekend “libero dalle tasse”: secondo la CGIA di Mestre, servono 157 giorni per onorare gli obblighi fiscali. L’Italia resta tra i Paesi più tassati d’Europa

Businessman Calculating Invoice At Desk

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Dopo 156 giorni dall’inizio dell’anno, oggi scatta ufficialmente il Tax Freedom Day 2025, ovvero il “giorno di liberazione fiscale”: una data simbolica che, secondo i calcoli dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, rappresenta il momento in cui il cittadino medio italiano ha idealmente saldato tutti i propri obblighi con il fisco. Da oggi, ogni euro guadagnato sarebbe, teoricamente, destinato al proprio benessere personale.

Un concetto mutuato dagli Stati Uniti e diventato nel tempo un indicatore alternativo della pressione fiscale, che resta particolarmente elevata nel nostro Paese.

I numeri dietro al Tax Freedom Day

Secondo le stime CGIA, nel 2025 il Pil italiano dovrebbe attestarsi sui 2.256 miliardi di euro, mentre le entrate tributarie e contributive ammonterebbero a 962,2 miliardi. Dividendo il Pil per i giorni dell’anno (inclusi sabati e domeniche), si ottiene un prodotto medio giornaliero di 6,2 miliardi: applicando questa proporzione, il giorno in cui lo Stato “smette di prelevare” e il contribuente “inizia a guadagnare per sé” è il 6 giugno.

Il Documento di Economia e Finanza 2025 prevede per quest’anno una pressione fiscale del 42,7% del Pil, in lieve crescita rispetto al 2024 (+0,1%). Ma secondo la CGIA, se si considera la sostituzione della decontribuzione con bonus Irpef e detrazioni, il carico reale si attesterebbe al 42,5%, spostando idealmente il Tax Freedom Day al 5 giugno.

Nel confronto europeo, l’Italia resta comunque tra i Paesi più tassati: nel 2024 era al sesto posto con il 42,6% del Pil, preceduta solo da Danimarca (45,4%), Francia (45,2%), Belgio (45,1%), Austria (44,8%) e Lussemburgo (43%). Per fare un paragone, in Danimarca il Tax Freedom Day cade il 15 giugno (166 giorni), mentre in Irlanda già l’86° giorno dell’anno.

Nel calcolo del carico fiscale reale va considerato anche chi le tasse non le paga affatto. Secondo le stime Istat riferite al 2022, in Italia quasi 2,5 milioni di persone lavoravano in nero, tra dipendenti non regolari e autonomi senza partita Iva. Le regioni con i numeri assoluti più alti sono Lombardia (379.600), Lazio (319.400) e Campania (270.100). In termini percentuali, spiccano Calabria (17%), Campania (14,2%), Sicilia (13,7%) e Puglia (12,6%).

Secondo la CGIA, per queste persone il concetto di Tax Freedom Day “non rappresenta alcunché”.

Tendenze storiche: quando si pagava di più e di meno

Negli ultimi trent’anni, la pressione fiscale più alta è stata registrata nel 2013 (43,4%) durante il governo Monti, poi Letta. Il record minimo risale invece al 2005, con il governo Berlusconi, quando si attestava al 38,9%. Dal 2023 in poi il dato ha ricominciato a salire, ma – sottolinea la CGIA – non per un aumento diretto delle tasse, bensì per una serie di interventi normativi ed economici come:

  • la decontribuzione sui redditi da lavoro dipendente nel 2024,

  • l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef,

  • i nuovi bonus per i redditi sotto i 20mila euro,

  • l’aumento delle retribuzioni dovuto ai rinnovi contrattuali e all’aumento dell’occupazione.

“Il Tax Freedom Day è un puro esercizio di scuola – sottolinea la CGIA – ma permette di misurare in modo originale il peso fiscale che grava sugli italiani”. Un peso che continua a generare dibattito tra chi chiede meno tasse e più equità, e chi sottolinea invece la necessità di garantire servizi pubblici universali ed efficienti.

Intanto, il weekend del 7 e 8 giugno sarà – simbolicamente – il primo fine settimana libero dalle tasse del 2025. Ma per molti italiani, il sollievo resta solo sulla carta.

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