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Il giallo dell'eredità

Agnelli, il supertestimone: "Ecco il tesoro dell'Avvocato ma voglio un milione"

Dalla Svizzera al Liechtenstein fra banche, fondi neri, detective pestati e gole profonde

Agnelli,  il supertestimone: "Ecco il tesoro dell'Avvocato ma voglio un milione"

Foto archivio Fiat (per gentile concessione)

Già dieci anni fa Margherita Agnelli era andata vicina al suo obiettivo, ossia quello di svelare la reale entità del patrimonio di suo padre, Gianni Agnelli. La Procura di Milano, addirittura, arrivò a un passo da una "cassaforte" segreta, ma dovette abbandonare l'indagine. Una indagine complessa, dove la finanza si incontra e si scontra con la lite - anche quella sfociata in inchiesta giudiziaria - fra la figlia dell'Avvocato e il suo legale dell'epoca, Gamna. Una lite giudiziaria peraltro archiviata, come molte cose in questa lunga contesa che si trascina da anni - e che adesso vede Margherita e i suoi tre figli John, Lapo e Ginevra Elkann a un passo dalla mossa decisiva in un senso e nell'altro - senza farsi mancare nulla, fra detective privati, fonti confidenziali e addirittura gole profonde. Vediamo di sintetizzare.

Il detective privato è quello ingaggiato in Svizzera da Margherita Agnelli, Andrea Galli. Lui aveva il compito di scoprire se davvero Marella Agnelli, la vedova dell'Avvocato, avesse vissuto in Svizzera nei suoi ultimi anni, circostanza fondamentale per il valore dei testamenti. E fu lui a indicare un presunto tesoro in opere d'arte sparite - la collezione segreta dell'Avvocato - e custodite in un caveau a Chiasso. Qui, in realtà, quando gli investigatori italiani arrivarono non trovarono nulla. In compenso è ancora aperta l'indagine sull'aggressione denunciata dal detective: due uomini, provenienti dall'Italia, su un'autovettura Abarth, lo aggredirono e lo pestarono, per convincerlo a mollare l'indagine "altrimenti il tuo cliente non vive a lungo".

La fonte confidenziale è praticamente di famiglia. Se ne parla nelle carte dell'affaire Margherita-Gamna. Sentita dai magistrati, nel 2009 Margherita rivela che ai tempi della rinuncia al patrimonio paterno in cambio di un forfait miliardario, aveva ricevuto un bonifico di 100 milioni di euro dalla banca Morgan Stanley di Zurigo, ma la banca non le aveva spiegato a chi fosse intestato.

In aiuto di Margherita arrivò il cugino Carlo Revelli, il cui fratello Paolo aveva lavorato alla Morgan a Londra. Fu lui a dire che c’era un conto importante - fra gli 800 milioni e il miliardo di euro - riconducibile alla famiglia Agnelli, in particolare a suo padre, un conto che - annotano i magistrati - sarebbe servito "per nascondere denaro derivante da appropriazioni indebite contro società e soci del gruppo industriale della famiglia".

I magistrati annotano che non è possibile capire se tutto ciò corrisponda al vero, "non essendo stato possibile acquisire dati ulteriori dalla banca coinvolta e non avendo l'autorità giudiziaria elvetica assicurato la necessaria collaborazione".

Ma viene precisato che "un ulteriore elemento indiziario" porta a Vaduz in Liechtenstein - guarda caso dove sono di recente arrivati i finanzieri dell'Antiriciclaggio e cui fanno riferimento le integrative alla dichiarazione dei redditi di John Elkann del 2021 - dove "avevano sede fondazioni, trust e Anstaldt riconducibili a Giovanni Agnelli". Un Anstaldt è in pratica un titolo al portatore anonimo, emesso da fondazioni domiciliate in loco, soggetto al totale segreto bancario, che è di norma il trucco - o almeno lo era un tempo - messo in atto da chi nel Principato occultava capitali da sottrarre alla tassazione italiana.

E arriviamo al terzo soggetto, la gola profonda. "Anche soggetti terzi come Orlando  Bisegna e Caris Vanghetti erano a conoscenza di alcune fondazioni/Anstaldt riconducibili alla famiglia Agnelli". Orlano Bissegna, imprenditore italiano, aveva contattato Margherita Agnelli stessa affermando di avere prove e documenti dell'esistenza di quel tesoro. "Voglio un milione di euro" avrebbe detto in sintesi, intendendo quel milione come anticipo sulla sua ricompensa: da quanto si sa, il 5% del valore degli inter asset finanziari scoperti.

L'imprenditore sosteneva di avere avuto le prove da un amico a Vaduz, poi in seguito con gli inquirenti fece una parziale retromarcia affermando che la sua fonte era a Roma e che non poteva essere svelata, causa la delicatezza della sua posizione. Tutti elementi avvolti nel mistero - mentre l'inchiesta veniva archiviata - che adesso potrebbero essere letti sotto una nuova luce.

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