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La crisi dell'auto
01 Settembre 2024 - 06:30
Le politiche europee con la forzata transizione all’elettrico, il mercato che risponde «picche» (le auto full electric non si vendono abbastanza), la recessione tedesca che sta picchiando duro anche sull’Italia e in particolare sul settore della meccanica. Ma soprattutto quello che, in ambito sindacale, già chiamano «Effetto Stellantis». O, per meglio dire, «effetto Mirafiori». Se lo storico stabilimento rallenta o si ferma, tutto l’indotto va in crisi. E i numeri della cassa integrazione lo provano.
Secondo il centro studi della Cgil, la cassa integrazione - per un totale di 8 milioni di ore - solo a luglio è cresciuta del 72% nella filiera dell’automotive. Questi i numeri: 13 settimane di cassa alla Prima Industrie di Collegno, come alla Ovv di Vaie, 200 lavoratori in cassa fino a dicembre alla Novares, ammortizzatori sociali annunciati alla Denso di Poirino, mentre la Cornaglia mette insieme ferie “forzate” e cassa. Senza contare altre imprese più piccole che hanno magari poche decine di addetti. Imprese che, annotano i sindacati, per poter lavorare nell'ottica dell'auto elettrica hanno affrontato investimenti anche importanti: ma adesso pagano le colpe del mercato e di scelte non loro.
Parliamo di un settore che conta qualcosa come settecento aziende e circa 57mila addetti. Il suo valore è di 19 miliardi di euro. Ma a colpirlo non sono soltanto gli stop produttivi: molti dei fornitori, anche storici, dell’ex Fiat denunciano da tempo la politica del Gruppo di assegnare le forniture ad aziende francesi «che a noi lasciano le briciole», come ci diceva poco tempo fa Carlo Angiono, titolare della Autostudi, specializzata in design e progettazione industriale, che a Mirafiori forniva componenti della scocca.
Secondo Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Imprese Piemonte, «Il mix di ingordigia e di incapacità ha trasformato la più importante fabbrica di automobili italiana in una fumosa bisca di affaristi, dove nessuno è in grado di offrire a Mirafiori e ai suoi lavoratori un orizzonte certo, nuove assunzioni e nuovi modelli. Così prosegue la lenta e inesorabile agonia, preludio della scomparsa di Mirafiori e con essa dell’indotto artigiano». Addirittura Felici si spinge a dire che «se fossimo in un Paese serio, dopo la collettivizzazione delle perdite e la privatizzazione degli utili attuata come sistema, la “Fiat” sarebbe già stata espropriata da un pezzo dallo Stato ex art. 43 della Costituzione. Ai tempi di Marchionne quanto meno i vertici Fiat giocavano a carte con i rappresentanti della politica. Se oggi Meloni, Cirio e Lo Russo volessero ricordare ai vertici Stellantis che cosa è la responsabilità sociale dell’impresa, ex art. 41 della Costituzione, temo che non riuscirebbero neppure a farsi rispondere al telefono».
Domani, intanto, a Mirafiori riprenderà la produzione della Fiat 500e, appena un centinaio di auto al giorno, con 3.200 lavoratori in regime di contratto di solidarietà a dicembre. In attesa non solo della nuova Fiat 500 Ibrida, ma anche di buone notizie dal mercato - confidando nell’effetto dei nuovi incentivi - e di maggiore chiarezza sul “Piano per Mirafiori” che dovrebbe essere svelato a breve.
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