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La crisi dell'auto

L'effetto Stellantis (ma non solo)

Cassa integrazione anche nell'indotto. Il presidente di Confartigianato: "Incapacità e avidità nell'ex Fiat"

L'effetto Stellantis (ma non solo)

Le politiche europee con la forzata transizione all’elettrico, il mercato che risponde «picche» (le auto full electric non si vendono abbastanza), la recessione tedesca che sta picchiando duro anche sull’Italia e in particolare sul settore della meccanica. Ma soprattutto quello che, in ambito sindacale, già chiamano «Effetto Stellantis». O, per meglio dire, «effetto Mirafiori». Se lo storico stabilimento rallenta o si ferma, tutto l’indotto va in crisi. E i numeri della cassa integrazione lo provano.

Secondo il centro studi della Cgil, la cassa integrazione - per un totale di 8 milioni di ore - solo a luglio è cresciuta del 72% nella filiera dell’automotive. Questi i numeri: 13 settimane di cassa alla Prima Industrie di Collegno, come alla Ovv di Vaie, 200 lavoratori in cassa fino a dicembre alla Novares, ammortizzatori sociali annunciati alla Denso di Poirino, mentre la Cornaglia mette insieme ferie “forzate” e cassa. Senza contare altre imprese più piccole che hanno magari poche decine di addetti. Imprese che, annotano i sindacati, per poter lavorare nell'ottica dell'auto elettrica hanno affrontato investimenti anche importanti: ma adesso pagano le colpe del mercato e di scelte non loro.

Parliamo di un settore che conta qualcosa come settecento aziende e circa 57mila addetti. Il suo valore è di 19 miliardi di euro. Ma a colpirlo non sono soltanto gli stop produttivi: molti dei fornitori, anche storici, dell’ex Fiat denunciano da tempo la politica del Gruppo di assegnare le forniture ad aziende francesi «che a noi lasciano le briciole», come ci diceva poco tempo fa Carlo Angiono, titolare della Autostudi, specializzata in design e progettazione industriale, che a Mirafiori forniva componenti della scocca.

Secondo Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Imprese Piemonte, «Il mix di ingordigia e di incapacità ha trasformato la più importante fabbrica di automobili italiana in una fumosa bisca di affaristi, dove nessuno è in grado di offrire a Mirafiori e ai suoi lavoratori un orizzonte certo, nuove assunzioni e nuovi modelli. Così prosegue la lenta e inesorabile agonia, preludio della scomparsa di Mirafiori e con essa dell’indotto artigiano». Addirittura Felici si spinge a dire che «se fossimo in un Paese serio, dopo la collettivizzazione delle perdite e la privatizzazione degli utili attuata come sistema, la “Fiat” sarebbe già stata espropriata da un pezzo dallo Stato ex art. 43 della Costituzione. Ai tempi di Marchionne quanto meno i vertici Fiat giocavano a carte con i rappresentanti della politica. Se oggi Meloni, Cirio e Lo Russo volessero ricordare ai vertici Stellantis che cosa è la responsabilità sociale dell’impresa, ex art. 41 della Costituzione, temo che non riuscirebbero neppure a farsi rispondere al telefono».

Domani, intanto, a Mirafiori riprenderà la produzione della Fiat 500e, appena un centinaio di auto al giorno, con 3.200 lavoratori in regime di contratto di solidarietà a dicembre. In attesa non solo della nuova Fiat 500 Ibrida, ma anche di buone notizie dal mercato - confidando nell’effetto dei nuovi incentivi - e di maggiore chiarezza sul “Piano per Mirafiori” che dovrebbe essere svelato a breve.

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