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Primati torinesi

Torino tra cielo e terra: i suoi santi come modelli sociali

E' la città italiana con il maggior numero di santi sociali canonizzati dalla Chiesa cattolica

Torino e i suoi Santi

Le figure che, tra il XIX e il XX secolo, hanno operato concretamente per migliorare le condizioni di vita delle fasce più fragili della popolazione

Torino detiene un primato poco noto ma significativo: è la città italiana con il maggior numero di santi sociali canonizzati dalla Chiesa cattolica. Si tratta di figure che, tra il XIX e il XX secolo, hanno operato concretamente per migliorare le condizioni di vita delle fasce più fragili della popolazione, in particolare in un contesto urbano segnato dalla rivoluzione industriale, dall’emergere della questione operaia e dalla marginalità sociale diffusa.

Nel corso dell’Ottocento, Torino fu al centro di profondi cambiamenti economici e politici. Capitale del Regno di Sardegna e poi del Regno d’Italia fino al 1865, la città vide crescere rapidamente la popolazione e le diseguaglianze sociali. In questo contesto si sviluppò un cattolicesimo attivo, impegnato sul piano educativo, assistenziale e sanitario, a cui aderirono molti religiosi e laici.

Tra le figure più note spicca San Giovanni Bosco (1815-1888), fondatore dei Salesiani, che dedicò la sua vita all’educazione dei ragazzi poveri e abbandonati, promuovendo scuole professionali e oratori. A lui si affianca San Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842), fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza, istituzione ancora oggi attiva nell’assistenza a malati e persone con disabilità. Santa Giulia di Barolo (1785-1864) fu un’altra figura chiave, impegnata nell’istruzione delle ragazze e nella riforma del sistema carcerario femminile.

Meritano menzione anche San Leonardo Murialdo (1828-1900), che operò nel mondo del lavoro giovanile e nella formazione professionale, e il beato Giuseppe Allamano (1851-1926), fondatore dell’Istituto Missioni della Consolata, ma attento anche alla formazione del clero e alla promozione dell’azione sociale.

Largo Sonzini (ora largo Giulio Cesare), processione con la reliquia di don Bosco, 22 febbraio 1930; Luigi Grassi è al fianco di don Filippo Rinaldi

Il lascito di questi santi sociali non si esaurisce nella memoria o nella devozione religiosa. Le opere da loro fondate sono oggi vere e proprie istituzioni attive nel welfare urbano, nella scuola, nella sanità, nella formazione e nella cooperazione internazionale. In molti casi, queste realtà collaborano con enti pubblici e del terzo settore, integrando il sistema dei servizi sociali cittadini.

Il fenomeno dei santi sociali torinesi rappresenta un caso unico in Italia. Nessun’altra città ha conosciuto un simile concentrato di figure religiose impegnate in modo strutturato nella costruzione di reti di sostegno per le fasce più vulnerabili. Più che una tradizione devozionale, si tratta di un modello culturale e operativo, che ha inciso profondamente sulla storia della città e ne ha plasmato il profilo identitario ben oltre la sfera ecclesiastica.

Il forno del pane del Cottolengo (Foto: archivio storico Città di Torino)

Oggi Torino conserva e valorizza questa eredità, sia attraverso percorsi culturali e museali – come il Museo Casa Don Bosco e il Cottolengo –, sia nella programmazione sociale delle politiche municipali, che spesso trovano ispirazione in quella matrice di solidarietà concreta e capillare.

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