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Risiko bancario in Piemonte

Credem stringe su Banca d'Asti: la mossa dei Maramotti tra fondazioni, Bpm e vigilanza. Gli scenari

La Fondazione deve ridurre la quota; sfida con Banco Bpm; il nodo della politica locale

Credem stringe su Cr Asti: la mossa dei Maramotti tra fondazioni, Bpm e vigilanza

Piccola ma ambita: nel cuore del Nord-Ovest si gioca una partita che può ridisegnare una porzione significativa della mappa bancaria italiana. Banca d'Asti, banca radicata sul territorio ma ormai al centro dei radar dei grandi gruppi, è diventata l’oggetto del desiderio di Credem, l’istituto emiliano controllato dalla famiglia Maramotti, e di Banco Bpm. Tra regole stringenti per le fondazioni, pressioni politiche locali, numeri solidi ma migliorabili e un dossier di vigilanza in via di soluzione con Banca d’Italia, la contesa si sta definendo lungo tre assi: governance, territorio e capacità di generare utili nel medio periodo. Chi saprà parlare al cuore delle fondazioni senza tradire l’identità astigiana?

IL PERIMETRO DELL’OPERAZIONE: CREDEM E LA FAMIGLIA MARAMOTTI
Secondo quanto riferito da Milano Finanza, Credem ha manifestato interesse per una fusione con Cr Asti, avviando negoziati con Equita, advisor della Fondazione Cr Asti presieduta da Livio Negro. L’obiettivo è acquisire la maggioranza dell’istituto. Il piano, nelle intenzioni emerse, si regge su due pilastri. Primo: l’assetto azionario e di controllo. Credem può contare su una struttura societaria stabile, dominata dalla famiglia Maramotti tramite Credito Emiliano Holding, che possiede il 79,8% del capitale, garanzia di orizzonte di lungo termine e continuità decisionale. Secondo: l’operatività. Le aree geografiche di Credem e Banca d'Asti non si sovrappongono in misura rilevante, eliminando il rischio di dover alienare sportelli e liberando margini per efficienze operative, anche nelle unità di produzione interna di servizi. In altre parole, più sinergie e meno attriti. Non basta, però.

Per concretizzare il progetto, Credem ha posto una condizione: un’intesa complessiva con gli altri soci di rilievo, le fondazioni di Biella (12,91%), Vercelli (4,2%) e Fondazione CRT (6%). Questo passaggio è cruciale non solo per sommare consensi, ma per definire un patto chiaro sul futuro: destinare risorse al contesto locale, mantenere una forte attenzione alle comunità e garantire dividendi sostenibili. Un messaggio calibrato su ciò che le fondazioni considerano essenziale. Inoltre, la caratteristica territoriale dell'istituto è rappresentata da un patrimonio di 30mila investitori e piccoli azionisti locali.



IL DUELLO CON BANCO BPM E IL RUOLO DI EQUITA
Sulla strada di Credem si para Banco Bpm, che parte avvantaggiato: detiene già il 9,9% di Banca d'Asti. L’istituto guidato ha presentato a Equita una manifestazione di interesse. Rigettata in prima battuta dalla Fondazione, è stata poi considerata con maggior favore da diversi osservatori del mercato. Niente è deciso e lo stallo, in questa fase, è tattico: serve una proposta che combini valorizzazione dell’istituto, salvaguardia dell’identità territoriale e prospettive di rendimento per le fondazioni. Il ruolo di Equita è, per questo, centrale: cucire un accordo “equilibrato”, come si sottolinea, selezionando il progetto in grado di massimizzare nel tempo la capacità di generare utili e dividendi, senza sacrificare il legame con il territorio.

I VINCOLI DI ACRI-MEF E L’ASSE NEGRO-RASERO
C’è un fattore che spinge a decidere, ed è regolamentare. Al termine del 2024, la Fondazione Cr Asti deteneva oltre l’80% del proprio patrimonio e circa il 75% delle risorse totali allocate nella banca partecipata. Troppo, per i paletti fissati dal protocollo tra Acri e Mef: l’Addendum più recente contempla limiti stringenti alla concentrazione, pari al 44% dell’attivo per gli enti maggiori e al 39% per quelli più piccoli. La Fondazione dispone di tre anni per rientrare nei parametri. “Un arco temporale che offre la possibilità di delineare con calma una strategia di diversificazione in armonia con i nostri scopi statutari e con le necessità del territorio”, ha osservato il presidente Livio Negro.

Nel frattempo, la politica locale chiede voce in capitolo. Il sindaco di Asti, Maurizio Rasero, espressione del centrodestra e membro consiglio della Fondazione, ha sollecitato un coinvolgimento attivo di Comune e Provincia nelle scelte sul destino della banca. Un segnale: l’equilibrio tra consolidamento e radicamento territoriale non è solo finanza, è anche consenso e responsabilità pubblica.

I NUMERI DI CARIASTI: SOLIDITÀ E LIMITI
Sul piano prudenziale, Banca d'Asti mostra fondamenta robuste: Cet1 ratio al 17,6%. Ma la redditività resta sotto tono: nei primi sei mesi dell’anno il rendimento sul capitale si è fermato al 6,62%, tra i più contenuti del comparto. È qui che si gioca una parte della narrativa industriale di qualsiasi aggregazione: aumentare il peso delle commissioni e migliorare l’efficienza.

L’istituto guidato dal ceo Carlo Demartini, recentemente prosciolto in appello dalle imputazioni di comunicazioni sociali non veritiere, ha accelerato sul fronte delle fee: studio di incorporazione di unità produttive specializzate e sviluppo commerciale fuori confine storico, con nuove aperture in Liguria e l’ultima sede inaugurata a Sanremo. Non è esclusa la possibilità di rilevare punti operativi lasciati liberi dal mercato, specie se la prossima ondata di fusioni bancarie genererà opportunità. La direzione è chiara: diversificare i ricavi e far crescere il flusso commissionale per sostenere politiche di dividendo più generose.

IL NODO VIGILANZA: VERSO UN’INTESA CON BANCA D’ITALIA
Sullo sfondo, un dossier sensibile. Un’ispezione di Banca d’Italia ha rilevato carenze documentali e applicazioni scorrette o eccedenti di alcune commissioni. La banca ha accantonato circa 6 milioni e ha avviato i rimborsi per i clienti con importi più elevati. Per le somme minime, più complesse da gestire singolarmente, si valuta l’aggregazione e la destinazione, tramite una o più erogazioni liberali, a organizzazioni di utilità sociale. Il dialogo con Via Nazionale dovrebbe chiudersi entro la conclusione dell’anno in corso e le parti sarebbero vicine a un’intesa. È un passaggio importante: la certezza regolamentare vale tanto quanto un punto di Cet1 quando si tratta di convincere azionisti, fondazioni e potenziali partner.



GLI SCENARI: QUALE COMBINAZIONE CREA PIÙ VALORE?
Cosa massimizza il valore nel tempo? La tesi Credem fa leva sull’assenza di sovrapposizioni territoriali, sulle efficienze industriali e sulla stabilità proprietaria garantita dai Maramotti tramite Credito Emiliano Holding. Un mix che promette benefici progressivi, senza traumi per la rete di sportelli e con risorse dedicate alle comunità locali, come richiesto dalle fondazioni di Biella, Vercelli e Crt. La proposta Banco Bpm, forte di una presenza già in capitale e di una macchina commerciale collaudata, può offrire massa critica e piattaforme scalabili. In entrambi i casi, la chiave sarà l’impegno vincolante su governance, investimenti nel territorio e obiettivi di redditività coerenti con un Cet1 al 17,6% e una redditività da potenziare. La Fondazione Cr Asti, con Equita al fianco e tre anni per ridurre la concentrazione imposta dall’Addendum Acri-Mef, può negoziare da una posizione non di debolezza ma di responsabilità: cercare non il “prezzo” più alto, bensì la rotta che assicuri dividendi stabili da reinvestire nel tessuto sociale e produttivo astigiano. In questa prospettiva, anche la risoluzione del dossier commissioni con Banca d’Italia conta come una clausola di salvaguardia reputazionale.

TEMPI E INCASTRI
Il calendario detta la strategia: il percorso con Banca d’Italia va verso la chiusura entro l’anno; la finestra di tre anni per la diversificazione della Fondazione impone una roadmap credibile; il mercato, stimolato da più fronti, potrebbe creare occasioni di acquisizione di sportelli. Equita è chiamata a orchestrare l’intesa tra Fondazione Cr Asti e gli altri soci — inclusi Biella, Vercelli e Crt — per far emergere il progetto più solido. La contesa con Banco Bpm, con Giuseppe Castagna pronto a rilanciare, e la determinazione di Credem, sostenuta dalla famiglia Maramotti, preannunciano settimane decisive. Alla fine, la domanda è semplice solo in apparenza: quale combinazione saprà aumentare la redditività, preservare l’identità territoriale e garantire alle fondazioni un flusso di dividendi capace di alimentare, anno dopo anno, le ricadute sociali su Asti, Biella, Vercelli e l’area di riferimento? 

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