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Da Torino a Dubai: chi è Stefano Cecchi che fa ricca l'Arte Povera (con 85 milioni) per gli emiri

Collezionista e creatore del Fondo Italiano per l'Arte, fra musica e la moda di mamma Giorgina Siviero, ha comprato il 74° piano della Trump Tower per realizzare dieci residenze extralusso

Da Torino a Dubai: chi è Stefano Cecchi che fa ricca l'Arte Povera (con 85 milioni) per gli emiri

L'Arte Povera diventa ricco business e punta a trasformare il lifestyle di uno dei luoghi simboli del lusso. Con investitori selezionati (ossia milionari) e promesse di rendimento stellari. Così Stefano Cecchi immagina per le sue nuove residenze a Dubai il ribaltamento di una convenzione: non più l’arte come ornamento, ma come struttura portante del vivere.

Dal suo quartier generale a Monte Carlo, l’imprenditore e collezionista nato e partito da Torino annuncia l’acquisizione del 74esimo piano della Trump Tower di Dubai, uno degli indirizzi più ambiti della capitale finanziaria del Golfo, e inaugura la prima tappa di un progetto che punta a sincronizzare tre assi difficilmente conciliabili: il real estate ultra-premium, il design italiano e l’arte contemporanea di rango museale. Per un piano da 85 milioni di euro che promette, agli investitori, rese oltre il 140%. Ecco i dettagli e, soprattutto, chi è il collezionista e businessman Stefano Cecchi.



Dubai come avamposto: piano alto e orizzonte lungo
La decisione di assicurarsi il 74° piano della Trump Tower di Dubai non è un colpo estemporaneo, ma l’innesco di una traiettoria dichiarata: dieci unità residenziali ultra-premium distribuite nei principali hub del Medio Oriente. A seguire, nel mirino di Cecchi compaiono Doha, Jeddah, Riyadh, Kuwait City, Abu Dhabi, Muscat, Manama, Amman, AlUla e Sharjah. Dieci città iconiche, dieci proprietà, dieci concept abitativi: il ritmo ternario di questa roadmap suona come una dichiarazione d’intenti, un mantra di controllo creativo e scalabilità internazionale.

Non è un’idea nata ieri. “Ho sentito parlare per la prima volta di quest’idea di espansione del brand Trump a livello globale nel 2017, durante la festa di insediamento di Donald Trump, in occasione dell’evento organizzato proprio da Forbes a Washington D.C.”, ricorda a Forbes lo stesso Cecchi, fondatore e ceo di Fondo per l’Arte. È in quell’incrocio di simboli – potere, capitale, narrazione – che affiora il perno: fare del Golfo un laboratorio avanzato del vivere contemporaneo, dove skyline e collezionismo si incastrano come moduli di un’unica architettura.



Arte povera ed extralusso: la scommessa dei 5 fondi inglesi
A plasmare l’identità degli interni sarà una realtà milanese dell’arredo contemporaneo: un segnale preciso di “italianità” come valore aggiunto, tra rigore progettuale, ricerca di materiali e misurata teatralità. Ma la vera cifra estetica – e concettuale – è affidata all’arte. Il Fondo per l’Arte, creato e guidato da Cecchi, riceve il mandato curatoriale per selezionare opere dai suoi cinque veicoli d’investimento britannici, che custodiscono collezioni contemporanee, tra cui una delle raccolte di Arte Povera più note al mondo. Che cosa comporta portare l’Arte Povera – erede di un linguaggio che fece del materiale “umile” e della sottrazione un gesto politico e poetico – nel ventre dell’ultra-lusso del Golfo? Il rischio dell’anacronismo è evidente, ma altrettanto lo è la chance di un dialogo sorprendente: nel contrasto tra essenzialità e opulenza potrebbe nascere un’estetica nuova, dove la nobilitazione della materia si misura con l’iper-tecnologia degli spazi. Il valore stimato delle opere selezionate – oltre 25 milioni di euro – non è un mero dato contabile: racconta l’ambizione di definire gli appartamenti non come “case arredate”, ma come dispositivi culturali in cui architettura, design e arte agiscono in sincrono.



La finanza: 85 milioni di valore e un exit ambizioso
Il progetto si muove con una regia finanziaria ben delineata. La creazione di valore complessiva è stimata in circa 85 milioni di euro, articolata in 60 milioni di asset immobiliari e 25 milioni in opere d’arte. A presidiare la complessità dei flussi interviene uno spin off del Fondo per l’Arte: la divisione Art & Real Estate, incaricata di gestire gli investimenti nei principali mercati del Golfo. Il disegno è chiaro: fare leva su piattaforma, modello operativo e governance già rodate per garantire continuità e scalabilità, evitando l’effetto “prototipo irripetibile” che spesso inceppa i progetti pionieristici.

Sul fronte dei ritorni attesi, il progetto annuncia parametri di exit in linea con i benchmark MENA pubblicati dai principali developer medio-orientali. “Sulla base degli ultimi cicli immobiliari registrati nella regione, stimiamo un rendimento in uscita compreso tra il 120% e il 140%”, afferma Cecchi. È un range aggressivo, che scommette sulla persistente centralità del Golfo nelle geografie globali del capitale e sull’appeal crescente delle residenze “curate” come asset ibridi, metà patrimonio e metà narrazione.

Da Torino al mondo, fra musica e alta moda: chi è Stefano Cecchi
Ma chi è Stefano Cecchi? Residenza monegasca ma natali torinesi, nel 1971. Imprenditore e collezionista d’arte, è cresciuto negli USA e nel Regno Unito, dove si è laureato nel 1993. Negli anni Novanta ha aperto e sviluppato agenzie di moda a Londra (Wild, Next London).

Moda come marchio di famiglia: sua madre, infatti, è Giorgina Siviero, signora dell'atelier-salotto "San Carlo dal 1973" nel cuore di Torino, davanti al Caval 'd Brons, frequentato da Vip e signore dell'alta società, recentemente anche da Federica Pellegrini per la mamma. Suo padre, invece, era Raimondo Cecchi, avvocato e presidente dei gelati Cecchi, fondata da nonno Gabriello nel 1936 e poi ceduta alla Nestlè, nonché storico presidente del circolo Esperia sul Po. Si calcola che la famiglia abbia un patrimonio immobiliare di 100 milioni di euro.

Stefano Cecchi si muove, come da suo racconto personale anche su Linkedin, fra moda, musica, arte. Nel 2000 ha fondato un’etichetta discografica (Cecchi Records – 60 album attualmente in catalogo), portando il Buddha Bar in Italia e lanciando progetti di architettura musicale per i principali brand del lusso e del lifestyle (LVMH, Fendi, Zegna, Armani, Tod’s, Diesel, Vogue, Maserati, Swatch). Ha contribuito alla creazione dei marchi Hydrogen e Melody Maker, nonché al lancio dei grandi magazzini San Carlo dal 1973.

Nell’aprile 2010 è stato invitato a presentare il “Lifetime Achievement Award” alla carriera di Michael Jackson, che ha avuto l’onore di conferire a sua sorella, La Toya Jackson. Dal 2010 al 2015 ha pubblicato due libri, uno autobiografico (PLAY) e l’altro un’antologia dei suoi progetti (10 years, 1000 projects), ed è entrato in partnership in Medio Oriente con lo sceicco Al-Thani (NBK) e Alifood International. Nel 2015, con il fondo di investimento Haeres Equita, ha elaborato il piano strategico di marketing per Borsalino, dalla fase di acquisizione fino al riuscito riposizionamento e al rilancio su larga scala del brand.

Nel 2017 ha dedicato tempo e attenzione al settore Food & Beverage, guidando il rilancio del marchio di famiglia Cecchi 1936. In partnership con il fondo di investimento RFK (RedFish Kapital) ha riportato in vita lo storico marchio, originariamente ceduto dalla sua famiglia a Nestlé nel 1973. In soli due anni, la newco ha portato una valutazione exit di dieci volte quella iniziale.

Cresciuto in una famiglia di collezionisti, può annoverare fra le sue opere anche due Chagall e nel 2021 ha lanciato Fondo per l’Arte / Stefano Cecchi Trust Collection, una partnership privata con sede a Londra focalizzata sulla gestione di arte del Dopoguerra e Contemporanea. Nel 2022–2025 ha lanciato altre tre Art Partnership (FP2, FP3, FP4) sotto Fondo per l’Arte LLP, ampliando la struttura e l’ambito della Stefano Cecchi Trust Collection.

Fondo per l’Arte, spiega Forbes, ha chiuso il suo primo comparto con 14 mesi di anticipo rispetto al closing previsto, registrando una crescita per i soci investitori pari al 51,64%. Questo si traduce in un rendimento medio annuo (IRR) del 17,21%, pari al doppio dell’hurdle rate medio dei classici fondi di private equity. “Entro la fine dell’anno nascerà un nuovo comparto, il quinto di Fondo per l’Arte, che sarà pienamente operativo nel primo semestre del 2026 e gestirà un portafoglio compreso tra 40 e 60 milioni di euro”. Sarà un investimento esclusivo, a inviti: il ticket minimo di ingresso è fissato a 2,5 milioni di euro.

Un patrimonio stimato in 130 milioni di euro, di sé Stefano Cecchi dice: “Ho sempre creato business ad alto contenuto di creatività, settori che mi appassionano”. Da Torino a Montecarlo, dopo Londra, Ibiza, dice che "qui credo di aver trovato la mia dimensione. Nonostante lavori più di prima, qui riesco a godermi la vita, sentirmi al sicuro e, soprattutto, giocare a tennis quasi tutti i giorni". E ora il Medio Oriente e il Golfo Persico.

Il capitale relazionale e lo Sceicco del Qatar
“Conosco l’area del Golfo, che ho iniziato a frequentare a partire dalla metà degli anni ’90 grazie alla grande amicizia che mi lega alla famiglia dello Sceicco Nawaf Al Thani in Qatar”, racconta Cecchi. Da lì si sono aperte connessioni con le altre grandi famiglie della regione e la condivisione di acquisizioni di capolavori oggi parte di prestigiose collezioni locali e dalla Trump Tower la corsa verso
Doha e Abu Dhabi, Jeddah e Riyadh, Kuwait City e Muscat, Manama, Amman, AlUla e Sharjah, nel segno dell'Arte Povera, oggi business ad alto rendimento.

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