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L'ALLARME
25 Ottobre 2023 - 12:31
Per la prima volta nella storia il pericoloso calabrone asiatico minaccia anche Torino. La scoperta è stata fatta da un’apicoltrice di Cavoretto che ha visto la “Vespa velutina”, questo il nome scientifico, aggredire i suoi alveari di api. A darne notizia è il docente di apicoltura di UniTo, Simone Tosi, coordinatore del laboratorio “Bee Lab” dell’Università.
«Abbiamo accertato che si tratta proprio del calabrone asiatico, ora dobbiamo capire quanti esemplari sono arrivati qui, quanti nidi ci sono, monitorarli e provare a estirparli - sottolinea Tosi -, perché è una vespa molto pericolosa che preda le api e mette in pericolo la produzione di miele e l’intero ecosistema».
Simone Tosi, docente di apicoltura all'Università di Torino e coordinatore del laboratorio Bee Lab
Il pensiero va in automatico al bambino tedesco punto a morte da un calabrone lo scorso agosto in un agriturismo in provincia di Alessandria. «Se viene disturbata la Vespa velutina può pungere l’uomo come un qualsiasi calabrone, ma non è questo il suo obiettivo» spiega il docente di UniTo.
In prossimità dei nidi però l’attacco può essere violento: 8-12 punture possono provocare un avvelenamento che richiede il ricovero in ospedale e, per chi è allergico, una sola puntura può provocare la morte. «La pericolosità per l’uomo - spiega Tosi - è anche dovuta al fatto che Vespa velutina costruisce i propri nidi spesso in vicinanza di aree urbane o dentro edifici a uso umano, come serre, capanni o terrazze. E dal momento che si ciba anche di frutta e di carne potrebbe essere attirata da chi organizza pic-nic o grigliate».
«Ma la velutina - sottolinea il professore di apicoltura - rappresenta soprattutto un grave pericolo per le api: le cattura davanti agli alveari e le uccide per nutrire le numerose larve presenti nei suoi nidi. A differenza dell’ape asiatica - aggiunge - la nostra ape non riesce a difendersi adeguatamente, quindi si rintana negli alveari e smette di uscire per raccogliere il cibo (nettare e polline) necessario a nutrire la famiglia che rischia così di morire di fame».
Com’è arrivata a Torino? «Molto probabilmente attraverso il trasporto - spiega Tosi -, dalla Liguria o dalla zona di Cuneo dove esistono già dei nidi di calabroni asiatici».
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