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SANITA'
09 Ottobre 2024 - 07:30
Federica con la sua inseparabile Angie
“Pensavo fosse una malattia superata, relegata ai libri di scuola e alle storie raccontate dai miei genitori. Non avrei mai immaginato che potesse colpire me.” Federica ha 35 anni e, da dieci, convive con la tubercolosi. Una diagnosi tardiva, un vero e proprio calvario, che ha segnato la sua vita. Ma andiamo per gradi.
Federica scopre di avere la tubercolosi nel dicembre del 2018, quattro anni dopo i primi sintomi. Dolori al petto, affanno, sudorazione notturna, ma non li interpreta come segnali di allerta. “Era solo stress, pensavo. Lavoravo nel mio bar e non avevo tempo per ascoltare il mio corpo.” Solo quando le scale diventano una montagna insormontabile, decide di chiedere aiuto. La verità è spietata: la tomografia computerizzata rivela una grave infezione. “Mi hanno dato cinque giorni di vita” racconta Federica, ancora incredula. Eppure, è proprio in quel momento che si compie un miracolo: i medici le salvano la vita.
Roberto Prota, direttore del reparto Pneumologia e Terapia semi-intensiva di Pneumologia dell’ospedale Mauriziano di Torino
Ricoverata tra le corsie dell’ospedale San Giovanni Bosco e dell’Amedeo di Savoia, Federica si ritrova a condividere la stanza con un ragazzo di 19 anni, uno studente del Politecnico di Torino originario dello Sri Lanka. Stessa diagnosi, ma destini opposti. Mentre Federica trova la forza di combattere, quel giovane non ce la farà: morirà in ospedale il 20 marzo 2019.
Oggi, a distanza di anni, Federica vive con le conseguenze della malattia. “Siamo malati invisibili, pochi ma ci siamo. Di noi si parla poco” afferma con una voce che tradisce un misto di dolore e determinazione. Secondo il professor Roberto Prota, direttore del reparto Pneumologia e Terapia semi-intensiva di Pneumologia dell’ospedale Mauriziano di Torino, i malati di tubercolosi in Piemonte sono attualmente 265. “I dati sono in linea con quelli degli scorsi anni. In Italia, la tubercolosi è poco diffusa, ma resta una delle dieci malattie che causano più decessi nel mondo.” Il contagio avviene per via aerea e, sorprendentemente, le persone maggiormente colpite provengono spesso da contesti migratori, come marocchini e rumeni.
“La fascia d’età più vulnerabile è tra i 50 e i 65 anni, mentre tra i bambini è meno comune,” spiega Prota. E la domanda sorge spontanea: è possibile ammalarsi di tubercolosi e non accorgersene? Il professore chiarisce che ogni caso è unico e, dopo un’adeguata terapia, la maggior parte dei pazienti riesce a recuperare completamente. Tuttavia, per chi ha subito danni ai polmoni, la ripresa è un percorso complesso e lento. “Io sono uno di quei casi,” confida Federica, che ancora oggi combatte contro astenia, tosse persistente e una debolezza cronica. “Ma sono viva e grata a chi mi ha curato, ai miei genitori e alla sanità che mi ha salvato la vita. Sono qui a raccontarlo e questo mi rende fortunata.”
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