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Lavoro & Società

Coworking o smart: ecco perché in ufficio non si torna

La ricerca del Politecnico di Milano e i numeri delle grandi aziende. Gli esempi Intesa Sanpaolo e Stellantis

Coworking o smart: ecco perché in ufficio non si torna

Nonostante il diktat di colossi come Amazon, che richiama i dipendenti in ufficio, o le resistenze normative a una maggiore diffusione, il lavoro agile, o smart working, continua a mantenere una posizione stabile nel panorama lavorativo italiano, per quanto siano ormai finite le misure straordinarie adottate durante la pandemia e si manifesti, piuttosto, la necessità di normare e sfruttare meglio questa possibilità.

Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il numero complessivo di lavoratori da remoto è leggermente calato rispetto al 2023, attestandosi a 3,55 milioni contro i precedenti 3,58 milioni, segnando una flessione minima dello 0,8%. Ma è interessante rilevare come sia in aumento nelle grandi imprese.

Il settore delle grandi imprese, infatti, rappresenta il motore trainante del lavoro da remoto in Italia. Il numero di smart worker in queste aziende ha raggiunto quota 1,91 milioni, registrando un incremento dell’1,6% rispetto al 2023 e avvicinandosi ai livelli massimi osservati durante la pandemia. La percentuale di grandi organizzazioni che hanno ormai consolidato politiche di lavoro agile ha raggiunto il 96%, confermando la tendenza verso modelli flessibili e sostenibili. Inoltre, il 35% delle grandi aziende prevede un ulteriore aumento dei lavoratori coinvolti nel corso del 2025. Ne è un esempio, in questo senso, Intesa Sanpaolo, che fra flessibilità e lavoro agile sta anche ridefinendo gli spazi in sede come coworking. Una soluzione che anche Stellantis sta adottando, a Mirafiori, nell’hub ProOne dei veicoli commerciali.

Contrariamente alla tendenza positiva delle grandi imprese, le piccole e medie imprese (PMI) mostrano una riduzione degli smart worker, scesi a 520mila rispetto ai 570mila dell’anno precedente. Le microimprese mantengono numeri pressoché invariati, con 625mila lavoratori nel 2024 rispetto ai 620mila del 2023. Anche la pubblica amministrazione (PA) registra una lieve diminuzione, passando da 515mila a 500mila dipendenti coinvolti.

E per il futuro? Le proiezioni per il 2025 delineano un panorama in espansione per il lavoro agile, con un atteso aumento del 5% che porterebbe a un totale di 3,75 milioni di smart worker. La crescita sarà trainata soprattutto dalle grandi imprese (35% delle quali prevede un incremento), seguite dalla pubblica amministrazione (23%) e, in misura minore, dalle PMI, con solo l’8% delle aziende che ipotizza un aumento dei lavoratori da remoto.

Attualmente, gli smart worker italiani lavorano da remoto una media di 9 giorni al mese nelle grandi imprese, 7 giorni nella pubblica amministrazione e 6,6 giorni nelle PMI. Il lavoro agile risulta essere altamente apprezzato dai dipendenti, con il 73% di essi che si opporrebbe all’eventuale abolizione di questa modalità. Di questi, il 27% sarebbe disposto a cercare un nuovo impiego e il 46% si impegnerebbe per convincere l’azienda a rivedere la propria decisione.

Tra le proposte per bilanciare la perdita del lavoro da remoto, i dipendenti indicano l’importanza di una maggiore flessibilità oraria e un incremento salariale di almeno il 20%. Tuttavia, tra coloro che sono tornati alla presenza fisica totale, solo il 19% lo ha fatto per scelta, preferendo la socializzazione con i colleghi o non avendo più necessità di lavorare da remoto. Per il 23% il rientro è stato dovuto a nuove mansioni non compatibili con il lavoro agile, mentre per il 58% la decisione è stata imposta dall’azienda.

In conclusione, il futuro del lavoro agile in Italia sembra puntare verso una stabilità nelle grandi imprese e una lieve crescita nel complesso. L’adozione di politiche flessibili si dimostra una scelta strategica per attrarre e mantenere talenti, rispondendo alle nuove esigenze dei lavoratori e alle sfide della competitività globale. Con il 2025 alle porte, sarà interessante osservare come le aziende di tutte le dimensioni sapranno bilanciare flessibilità, produttività e soddisfazione dei dipendenti per ottenere risultati sostenibili nel lungo periodo. E come verranno affrontate le tematiche anche a livello sindacale, forse il settore - dopo la pubblica amministrazione - meno preparato al momento per comprendere gli impatti, anche in termini di contrattazioni collettive.

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