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LA NOSTRA INCHIESTA
19 Luglio 2024 - 07:40
Bob lavorava per 25 euro al giorno e dormiva per strada. Fino a quanto è stato accolto al Centro di accoglienza della Caritas, che lo ha pure aiutato a denunciare il suo caporale. Ma ora i volontari chiedono di non renderlo riconoscibile per paura di ritorsioni e perché c’è un’indagine in corso da parte della Procura di Cuneo. Invece Gerry, sulle ricche colline delle Langhe, ci va ancora. Pulisce le viti, raccoglie l’uva e viene pagato in nero: «Hanno detto che ad agosto mi faranno il contratto - è ottimista il 29enne ghanese, arrivato al Centro di Alba dopo essere passato dalla Libia e da Lampedusa, fino a Torino - Per ora vado tutti i giorni alla stazione ma il “capo” non mi carica sempre in macchina. Ma sono contento lo stesso perché a Torino non mi aiutava nessuno, qui almeno c’è la Caritas a darci da mangiare e dormire gratis». Accanto a lui c’è Sambi, 44enne del Mali che andava nelle vigne e ora va in fabbrica: «Cerchiamo di spostarli noi, nelle aziende hanno sempre bisogno - spiegano i volontari - Si passa dalle agenzie interinali ma è comunque meglio dei vigneti. D’altronde sono gli stessi ragazzi a chiedere di cambiare perché sono stanchi». Alla fine fa capolino anche il sorriso convinto di Said, che fa l’apprendista elettricista, ha uno stipendio onesto ma dorme nel Centro: «Un altro problema mega galattico di Alba è che nessuno affitta agli stranieri» denuncia don Mario Merotta, direttore della Caritas. Perché? «Perché tanti albesi sono razzisti» taglia corto uno dei volontari del Centro di via Pola.
Si conclude lì il nostro viaggio nel caporalato fra i pregiati vigneti Doc del Cuneese, dove sfruttamento, caporalato e lavoro nero sono ancora una piaga da debellare. Lo dimostra proprio il Centro di accoglienza che la Caritas ha allestito a due passi dalla centralissima piazza Michele Ferrero, in un angolo di città che corre accanto alla ferrovia. Accanto a fabbriche abbandonate e a un hotel 4 stelle, ci sono tanti giacigli lungo le strade e i 18 posti letto allestiti grazie all’impegno della Diocesi (e a settembre se ne aggiungeranno altri 9). Lì, dove venti giorni fa è stato scaricato un bracciante ferito, è un viavai di ragazzi stranieri: 50-60 vanno solo a lavarsi e mangiare ma poi dormono fuori, altri vengono accolti lì e poi escono prima dell’alba, quando si incamminano verso la stazione e il cimitero. Lì, dove i caporali vanno a recuperarli per andare in vigna: è il caso di Ahmed, che lunedì abbiamo incontrato alla stazione e mercoledì usciva dalle docce di via Pola.
Per tutti loro è difficile trovare un alloggio: «Abbiamo fatto la prova con un nostro ex ospite - sorride amaro un volontario - È cresciuto a Bergamo, quindi ha l’accento di lì. Quando chiama agenzie e proprietari, gli danno tutti un appuntamento. Poi, quando lo vedono, trovano delle scuse: purtroppo ad Alba sono in tanti a essere razzisti o anche solo diffidenti». Ma è solo uno degli aspetti: c’è anche chi se ne approfitta, visto che la Caritas lancia l’allarme su chi chiede a donne migranti di pagare l’alloggio “in natura” e chi chiede “bustarelle” fino a 500 euro per fornire documenti e permessi di soggiorno.
I numeri
Due casi al mese, 2.500 lavoratori in nero, centinaia di braccianti ospitati nei tuguri dei caporali, come quello di Mango doverano stipati 19 extracomunitari irregolari: ecco i numeri da paura del caporalato nei vigneti Doc delle Langhe, dove «i migranti guadagnano pochi euro l’ora per produrre vini da 80 euro la bottiglia». Parola di Marco Brunetti: il vescovo di Alba è stato in prima fila in questi giorni nel denunciare il fenomeno, con lettere aperte, il divieto di fare la comunione a chi commette questo «reato e peccato grave» e la presenza alla manifestazione organizzata martedì dai sindacati. Ed è lì che sono emersi altri numeri, come quelli sui casi di sfruttamento e documentati: l’Osservatorio Placido Rizzotto sullo sfruttamento lavorativo, che fino a qualche anno fa puntata i suoi fari soprattutto verso il Sud Italia, ha registrato 24 casi nei campi del Piemonte nel corso del 2023, una media di due al mese.
Durante la stessa manifestazione il segretario regionale della Cgil, Giorgio Airaudo, ha fatto delle stime su quanti siano effettivamente i braccianti sfruttati: «Nella Ferrari del vino lavorano 5mila persone e metà sono in nero». Don Mario Merotta, direttore della Caritas, è più pessimista e parla di «1 operaio regolarizzato su 10».
La punta dell'iceberg
È lo stesso sacerdote a far notare un altro problema: «Quanto emerso finora, è la punta dell’iceberg fra sfruttamento, lavoro nero e affitti vergognosi. Basti pensare che nel nostro Centro di prima accoglienza, l’unico della zona, ci sono 18 posti letto: dubito che siano sufficienti». Tanti altri braccianti vivono in strada, anche perché fanno fatica a trovare appartamenti in affitto (come raccontiamo nell’articolo sotto). L’ipotesi è che siano gli stessi caporali a dare loro vitto e alloggio, decurtando una cifra dallo stipendio. L’inchiesta della polizia ha fatto emergere una situazione del genere a Mango: «Non si vedono ma noi pensiamo che ci siano almeno 2mila braccianti nelle stesse condizioni - riflette un volontario della Caritas che vuole restare anonimo - Altro che casi isolati, come dice qualcuno: è un sistema».
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