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la storia di torino
13 Settembre 2025 - 10:50
A pochi chilometri da Torino, nascosta tra il verde di una collina apparentemente anonima, sorge un luogo che il tempo ha cercato di cancellare e che oggi ritorna lentamente alla memoria collettiva: una villa secolare che custodisce non soltanto storie di nobiltà e architettura, ma anche l’eredità scientifica di uno dei più importanti geologi italiani, Nicola Pellati.
Le origini della residenza risalgono al XV secolo, quando al posto della villa odierna si ergeva un piccolo castello di collina. Si racconta che nel 1732 il duca Vittorio Amedeo II, in segno di riconoscenza per i servigi resi durante l’assedio di Torino, donò la proprietà a un barone di corte. Nei secoli successivi la dimora cambiò più volte volto e proprietari: nel 1818 venne acquistata da un generale delle Regie Armate che, affidandosi all’architetto Talucchi, la trasformò in un palazzo elegante, cancellando le tracce medievali.
Al fascino architettonico si aggiunse un giardino scenografico progettato dallo scozzese Taggart, noto paesaggista europeo. Fontane, sentieri, alberi secolari e un maestoso cedro dell’Atlante impreziosivano la collina retrostante, creando un piccolo eden. Alla morte del generale la villa passò di mano in mano, fino a entrare, nel 1890, nelle attenzioni dell’architetto Alfredo d’Andrade, che ne curò ulteriori abbellimenti.
Con l’estinzione del casato negli anni Trenta del Novecento, iniziò però la parabola discendente: la residenza venne dimenticata, il giardino lasciato a sé stesso e la natura prese lentamente il sopravvento, avvolgendo la dimora in un silenzio sospeso.
Per decenni la villa è rimasta nell’ombra, conosciuta soltanto dagli appassionati di urbex, l’esplorazione di luoghi abbandonati. Proprio in questo ambiente la villa si è guadagnata il soprannome di “Villa del Barone di Münchausen”, alimentando curiosità e leggende.
Le prime foto pubblicate da esploratori urbani hanno rivelato ambienti ancora sorprendenti, tra cui una splendida biblioteca e una collezione di minerali di grande valore storico. Questo dettaglio ha acceso i riflettori su un aspetto finora dimenticato: il legame con Nicola Pellati, scienziato di fama internazionale.
Nato nel 1835, laureato in ingegneria a Torino, Pellati entrò giovanissimo nel Corpo delle Miniere. Si perfezionò a Parigi, all’École des Mines, e svolse missioni in Austria e Germania, accumulando conoscenze che lo resero una figura di primo piano nella geologia e nella mineralogia italiana.
La villa, dopo anni di liti ereditarie e incuria, mostra oggi i segni del tempo: mura consumate, stanze spoglie, giardini soffocati dal glicine. Eppure qualcosa sta cambiando. I proprietari hanno avviato piccoli progetti di apertura al pubblico: con un contributo volontario, è oggi possibile visitarla su prenotazione, e i fondi raccolti verranno destinati al restauro.
Il ritorno degli abitanti, la fioritura stagionale e l’interesse crescente di appassionati e studiosi lasciano intravedere una possibilità: che la villa torni a essere non solo un luogo di memoria, ma un punto vivo della cultura torinese.
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