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I segreti della Famiglia

Agnelli, 25 anni fa la morte di Edoardo: per lui le rose degli Elkann (e silenzio)

La cerimonia privata a Villar Perosa e il riserbo di Margherita. Parlano l'amico che non crede al suicidio e l'azionista Juve

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La famiglia Agnelli a Villar Perosa (foto Getty Images)

Venticinque anni senza Edoardo Agnelli. Ricordati con una cerimonia privata, semplice, lì nella cappella di Sant'Edoardo nel cimitero di Villar Perosa, dove riposano tutti gli Agnelli. John Elkann, assieme ai fratelli Lapo e Ginevra, ha fatto deporre una corona di fiori in ricordo dello zio.

 Un anniversario particolare, questo, di quel 15 novembre 2000 quando il corpo del figlio dell'Avvocato, 45 anni, venne ritrovato ai piedi del cavalcavia della Torino-Savona a Fossano. Novantacinque metri più su, la sua Fiat Croma ferma, con i documenti a bordo e il bastone di Edoardo. Ma nessun biglietto. Anniversario particolare, si diceva: perché, in queste settimane, è emersa una coincidenza da brividi, nella grande battaglia legata all'Eredità Agnelli, ossia che Edoardo il ribelle era, in realtà, l'erede designato.

Questa la situazione al presente: dalle carte giudiziarie dell'inchiesta che vede indagato John Elkann con i fratelli, emerge un testamento sconosciuto di Gianni Agnelli, un documento in cui l'Avvocato cede il 25% delle proprie quote della Dicembre, la cassaforte di famiglia, a Edoardo. E c'è una bozza di accordo pronta da firmare, con la data del 14 novembre 2000

Dalla famiglia domina il riserbo -  manco una riga sul giornale di Famiglia, neppure nei necrologi o anniversari -, a parte la cerimonia e i fiori degli Elkann. Abbiamo chiesto a Margherita Agnelli se volesse ricordare il fratello, ma cortesemente la figlia dell'Avvocato ha preferito di no. Parla invece Marco Bava, piccolo azionista Fiat e Juve e amico di Edoardo, nonché l'uomo che da venticinque anni cerca, a colpi di esposti (quasi tutti archiviati, a onor del vero) di far riaprire in una inchiesta con ancora molti lati oscuri e di cui vi abbiamo parlato qui.

Marco Bava, a quanti esposti è arrivato sulla morte di Edoardo?
«Una decina tra Ministro della Giustizia, CSM, Procura e Procura Generale di Torino»

Ma perché non crede alla tesi del suicidio?
«Per totale incompatibilità fra le fratture riportate e una precipitazione di 94 metri. Nella trasmissione di Minoli, il medico legale della procura di Torino diagnostica queste cinque fratture guardando delle foto. E l’ex generale Garofalo, che aveva avuto da me il fascicolo ed aveva detto che era un caso dubbioso, come consulente di Minoli, dichiara che il teste ha avuto una illusione: alle 8.30 del mattino il pastore Luigi Asteggiano ha testimoniato, nel programma di Minoli, di aver visto il corpo di Edoardo a poca distanza dalle sue mucche e dalla sua roulotte».

Che persona era Edoardo, se dovessimo riassumerlo in poche parole?
«Aveva lo stesso senso del dovere del padre, prima di tutto veniva la Fiat, poi il resto. La Fiat di Edoardo avrebbe cercato di essere più giusta di quella di Marchionne, che venne condannato per atteggiamento antisindacale»

Edoardo si era riconciliato con suo padre?
«Sì dovevamo vederlo per chiudere definitamente il tentativo di estrometterlo dalla Dicembre. Leggete la lettera di Montecarlo di luglio 96 (ossia quella scritta da Agnelli, prima di un serio intervento al cuore, in cui prendeva atto del rifiuto a ricevere le quote da parte di Edoardo e dunque il 25% della Dicembre andava a John Elkann, ndr), redatto con linguaggio giuridico non di Agnelli come è il testamento del 20 gennaio 1998, mai pubblicato né registrato dal notaio per quello che ci risulta»

Non ci sono biglietti, ma Edoardo scriveva molto, anche lettere a suo padre, chiamandolo "Pappi".
«I rapporti fra Gianni ed Edoardo erano emotivamente molto forti. Ho visto Agnelli avere gli occhi lucidi parlando di Edoardo. E mi ha detto che non era fuori dalla successione come dimostra il testamento del 20 gennaio 1998, mai pubblicato»

Edoardo sapeva della donazione?
«Secondo me no. Ma l'ultima volta che ci siamo sentiti aveva detto "Dobbiamo parlare della Dicembre". Eravamo d'accordo di incontrare Gianni Agnelli»

La famiglia Agnelli sosteneva che lei volesse sfruttare il rapporto con Edoardo.
«Si riferisce alla nota su di me della Digos nel fascicolo di indagine sulla morte di Edoardo. Hanno fatto delle indagini nel sottobosco su di me. La famiglia Agnelli si comporta come se volesse dimenticare Edoardo... Lupo Rattazzi (cugino di Edoardo, ndr) mi dà del mitomane. Ma se lo sono io, lo dovrebbe essere anche il ministro Crosetto visto che ha dichiarato al Corriere che non riesce a credere che Edoardo, che aveva conosciuto, si è suicidato».

Dice che «era in uno stato di grande prostrazione» invece il cugino Lupo Rattazzi. Che, sulla questione della Dicembre, all'epoca del primo rifiuto, racconta come Edoardo gli avesse detto "Non mi fido, non mi fido". Poi però aveva cambiato idea? Edoardo soffriva, era "Crazy Eddy" per tanti, mentre suo padre diceva di rivedere in lui «la malattia di mio fratello Giorgio». Nell'ultimo periodo affrontava una sorta di terapia con un consulente che lo liberasse da alcune ossessioni, ma era anche vittima dei farmaci: era gonfio e sovvrappeso, zoppicava e per questo usava sempre il bastone (quello lasciato in auto). Diceva di voler passare del tempo in un monastero.

Ma Edoardo, era anche l'unico che osasse dire no all'Avvocato. E diceva: «Il fatto è che io vedo le cose in maniera diversa dai miei cugini. A me non interessano i fondi di magazzino, sapere quante Uno sono rimaste invendute. Io so che bisogna tornare indietro per andare avanti. Io sono per un nuovo Rinascimento» Parole del 1990, all’epoca del suo arresto per droga in Kenya (storiaccia dalla quale sarebbe uscito pienamente assolto ma devastato). E confidava a pochi cronisti: «Si devono ricordare che sono sempre il figlio di Gianni Agnelli. E soprattutto che ho il 36 per cento delle azioni. Non sarà facile farmi fuori».

All'ultima assemblea della Juventus, di cui Edoardo era ovviamente tifosissimo - era presente anche la maledetta notte dell'Heysel, a Bruxelles -, il piccolo azionista Andrea Danubi ha voluto ricordarlo così, nel gelo del Cda: «Fra 8 giorni saranno passati 25 anni dalla misteriosa scomparsa di Edoardo Agnelli. Il principe senza corona e senza scorta, come lo chiamò Marco Bernardini. È morto tre volte. La prima quando alcuni documenti usciti di recente non furono resi noti, e poteva cambiare molto per lui; la seconda fisicamente, in quel novembre del 2000; la terza con l'oblio tombale sotto cui è stato sepolto. Sarebbe bello se un magistrato coraggioso - visto che in Italia si riapre ogni caso giudiziario, da Garlasco a Piersanti Mattarella - si prendesse la briga di fare luce sulla vicenda, in nome della giustizia e della verità che ancora attendiamo. Una volta la famiglia Agnelli era capace di gesti simbolici di una certa valenza. Io ero allo stadio, 42 anni fa,  quando giocammo col lutto al braccio a Pisa, per la scomparsa di Re Umberto di Savoia. Per cui sarebbe ancora più bello se qualcuno, invece solo di pensare a negoziati di affari o ai consigli di amministrazione, andasse in silenzio in chiesa il giorno della ricorrenza».

«Molte delle cose che diceva mio zio si sono avverate» ha detto tempo fa Lapo Elkann. Edoardo parlava di mettere l’uomo al centro della fabbrica. Al giornalista Pino Scaccia Edoardo diceva «La Fiat è in mano ai manager. Bravi ma non guardano molto avanti. Con la politica dell’oggi rischiano di rovinare tutto. Giovanni (Giovanni Alberto, figlio di Umberto, scomparso nel 1997 per un tumore, ndr) è molto bravo, sta facendo un ottimo lavoro alla Piaggio. Quando i nostri genitori decideranno di lasciare saremo noi a portare avanti l’azienda, ognuno con le sue responsabilità e le proprie predisposizioni». Forse, alla fine, anche Gianni Agnelli lo aveva capito

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