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L'audizione alla Camera
13 Novembre 2025 - 06:30
Può un passaggio di proprietà trasformarsi in una leva di sviluppo, invece che in un addio mascherato? La domanda aleggia sopra l’operazione che porterà Iveco Group sotto il controllo di Tata Motors, mentre il Governo rivendica la regia e promette “il pieno rispetto dell’interesse nazionale”. È un passaggio delicato, che intreccia mercato e politica industriale, posti di lavoro e filiere, poteri speciali e ambizioni globali. E che, come ha lasciato intendere Adolfo Urso, si gioca su due piani: la cornice di garanzie nell’immediato e la qualità del progetto industriale nel medio periodo. Con sullo sfondo il temuto disimpegno degli Agnelli/Elkann da Torino, al di là dei piani per Mirafiori. Quindi un warning importante: "La cessione non sia un buon affare solo per Elkann". Ma, di fatto, un via libera del governo.
Per chi teme un ridimensionamento, la risposta del ministro è stata netta: “Iveco mantiene un radicamento di grande rilievo nel Paese, che lo rende un attore strategico per la filiera nazionale dell’automotive e della componentistica”. Un patrimonio industriale e umano “essenziale per la competitività del Paese e per la tenuta occupazionale dei territori coinvolti”. Ma un patrimonio, per vivere, ha bisogno di essere alimentato: investimenti, ricerca, competenze, alleanze lungo la filiera. La domanda, dunque, non è solo se i siti resteranno, ma con quali prodotti, volumi e tecnologie. E, a conti fatti, il ministro non ha fatto altro che ripetere ciò che hanno sostenuto gli indiani. E l'affare con Elkann per la Difesa va avanti.
Le poste in gioco per Exor e per il Paese
C’è anche un tema di equilibri: “Fare in modo che a fare un buon affare non sia solo la Exor di Elkann”. L’operazione consente alla holding di uscire da una storica partecipazione; il compito della politica industriale è che il beneficio (circa 4 miliardi per gli Agnelli/Elkann) si diffonda, dalla continuità produttiva alle prospettive di crescita. Se, come sostiene Urso, l’intesa “può rappresentare, se gestita con equilibrio, un’opportunità concreta di sviluppo per i territori e per l’intera filiera”, allora la bussola diventa il come: che significato pratico avranno la “centralità dell’Italia” e la promessa di diventare “tra i primi quattro al mondo”? In altre parole, quali impegni industriali concreti, quale governance dei siti e quale traiettoria tecnologica saranno messi nero su bianco?
Ora tocca ai fatti: golden power come garanzia, garanzie occupazionali come base, un piano industriale credibile come promessa. Se tutte le tessere andranno al loro posto, l’acquisizione di Iveco Group (che nell'ultimo trimestre pativa sofferenza nei conti) da parte di Tata Motors potrà essere non un commiato, ma un volano. Altrimenti, i due anni di salvaguardia rischieranno di somigliare a una parentesi, più che a un orizzonte.
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