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L'audizione alla Camera

Tata-Iveco, Urso evoca il Golden Power (ma non verrà usato)

Il ministro riferisce sulla cessione da Exor a Tata entro 2026 e ripete le promesse degli indiani

Tata-Iveco, Urso promette tutela nazionale: garanzie, golden power e il nodo del lavoro

Può un passaggio di proprietà trasformarsi in una leva di sviluppo, invece che in un addio mascherato? La domanda aleggia sopra l’operazione che porterà Iveco Group sotto il controllo di Tata Motors, mentre il Governo rivendica la regia e promette “il pieno rispetto dell’interesse nazionale”. È un passaggio delicato, che intreccia mercato e politica industriale, posti di lavoro e filiere, poteri speciali e ambizioni globali. E che, come ha lasciato intendere Adolfo Urso, si gioca su due piani: la cornice di garanzie nell’immediato e la qualità del progetto industriale nel medio periodo. Con sullo sfondo il temuto disimpegno degli Agnelli/Elkann da Torino, al di là dei piani per Mirafiori

L’annuncio alla Camera e la tempistica
Nell’audizione alla Camera, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha chiarito che l’esecutivo seguirà “da vicino” l’acquisizione di Iveco Group da parte di Tata Motors, attesa “entro il secondo trimestre del 2026”. La tabella di marcia parte dal 30 luglio, quando la cessione da parte di Exor, la holding controllata da John Elkann, è stata ufficializzata con la firma di un accordo vincolante tra Iveco e Tata Motors. L’intesa prevede il lancio di un’offerta pubblica di acquisto sull’intero capitale del gruppo, con un perimetro netto: resta escluso il ramo Difesa, destinato a una cessione separata a Leonardo (di cui il Ministero dell'Economia e delle Finanze detiene la maggioranza). Urso ha insistito su due elementi-chiave. Primo, la “centralità dell’Italia nelle future scelte del gruppo” e l’impegno a garantire l’interesse nazionale. Secondo, la logica industriale dell’operazione: le attività civile e militare “sono fortemente complementari e non si sovrappongono”, premessa, secondo il ministro, per “creare un operatore di rilievo, tra i primi quattro al mondo”.

Garanzie industriali e occupazionali: cosa c'è e cosa manca
Sul fronte più sensibile - produzione e occupazione - Urso ha spiegato che le parti “hanno concordato specifici impegni non finanziari” a salvaguardia dei livelli produttivi, della localizzazione dei siti e delle condizioni occupazionali “per due anni a partire dal closing”. Un paracadute importante, ma temporalmente limitato: due anni sono un orizzonte breve in un settore “in profonda trasformazione, dove la capacità di innovare è decisiva per la competitività internazionale”. La vera prova, dunque, comincerà allo scadere di quel biennio: con quali investimenti? Quale strategia per prodotto, piattaforme e mercati? Il ministro ha inoltre segnalato che Tata, una volta completato il passaggio di proprietà, si è impegnata a condividere con il Governo un percorso di collaborazione sulle prospettive industriali del gruppo. Un canale istituzionale che si affianca al monitoraggio della filiera: “Le interlocuzioni con gli altri soggetti interessati, in particolare con la componentistica, sono rassicuranti”. Per dare struttura al confronto, è in agenda “entro dicembre” la convocazione di un tavolo al Mimit, con l’obiettivo di vigilare sull’evoluzione dell’operazione e sugli effetti lungo la catena del valore nazionale.

Tra Difesa e Golden Power
La conclusione dell’operazione resta subordinata a due condizioni precise: lo scorporo del comparto militare e le autorizzazioni regolamentari, “comprese quelle relative all’antitrust e ai poteri speciali di Golden Power”. La separazione del ramo Difesa - che sarà avviato verso Leonardo - risponde a un’esigenza di chiarezza industriale e di sicurezza nazionale. A detta di Urso, l’assenza di sovrapposizioni tra civile e militare consentirà di liberare energie imprenditoriali e focalizzazione, rendendo possibile quella scala che oggi separa i campioni globali dagli inseguitori. Il passaggio per i poteri speciali, invece, non è un dettaglio amministrativo ma l’architrave della tutela dell’interesse nazionale: definisce paletti, obblighi e, se necessario, correttivi. Qui si giocherà in concreto la promessa di “tutela dell’Italia” ripetuta dal ministro.

Iveco, patrimonio industriale
Urso ha ribadito che Iveco Group “rappresenta una storica realtà dell’industria italiana”. La separazione delle attività militari, ha spiegato, permetterà al gruppo di concentrarsi sul core business: veicoli commerciali leggeri, medi e pesanti, autobus per il trasporto pubblico e motori industriali.

Per chi teme un ridimensionamento, la risposta del ministro è stata netta: “Iveco mantiene un radicamento di grande rilievo nel Paese, che lo rende un attore strategico per la filiera nazionale dell’automotive e della componentistica”. Un patrimonio industriale e umano “essenziale per la competitività del Paese e per la tenuta occupazionale dei territori coinvolti”. Ma un patrimonio, per vivere, ha bisogno di essere alimentato: investimenti, ricerca, competenze, alleanze lungo la filiera. La domanda, dunque, non è solo se i siti resteranno, ma con quali prodotti, volumi e tecnologie. E, a conti fatti, il ministro non ha fatto altro che ripetere ciò che hanno sostenuto gli indiani. E l'affare con Elkann per la Difesa va avanti.

LE POSTE IN GIOCO PER EXOR E PER IL PAESE
C’è anche un tema di equilibri: “Fare in modo che a fare un buon affare non sia solo la Exor di Elkann”. L’operazione consente alla holding di uscire da una storica partecipazione; il compito della politica industriale è che il beneficio si diffonda, dalla continuità produttiva alle prospettive di crescita. Se, come sostiene Urso, l’intesa “può rappresentare, se gestita con equilibrio, un’opportunità concreta di sviluppo per i territori e per l’intera filiera”, allora la bussola diventa il come: che significato pratico avranno la “centralità dell’Italia” e la promessa di diventare “tra i primi quattro al mondo”? In altre parole, quali impegni industriali concreti, quale governance dei siti e quale traiettoria tecnologica saranno messi nero su bianco?

COSA OSSERVARE DA QUI AL 2026
Da qui al closing, previsto entro il secondo trimestre del 2026, tre snodi saranno decisivi: - lo scorporo del ramo Difesa verso Leonardo, con la definizione degli asset e delle competenze trasferite; - il passaggio regolatorio, tra antitrust e golden power, dove potranno emergere condizioni e impegni puntuali; - la precisazione del piano industriale, con orizzonte che superi il biennio di garanzie su occupazione e siti. Intanto il tavolo Mimit annunciato “entro dicembre” rappresenta un banco di prova: un luogo in cui misurare la qualità del dialogo con Tata Motors e con tutta la componentistica. Sarà lì che si capirà se la promessa di “collaborazione” si tradurrà in una rotta condivisa su investimenti, innovazione e catena di fornitura nazionale. Alla fine, un’operazione di questa scala è come un ponte: si può costruirlo per attraversare un fiume o per segnare una frontiera. La differenza la fa la progettazione. Le parole di Adolfo Urso—dalla “tutela dell’Italia” alla “centralità” del Paese—spostano l’asticella delle aspettative. Ora tocca ai fatti: golden power come garanzia, garanzie occupazionali come base, un piano industriale credibile come promessa. Se tutte le tessere andranno al loro posto, l’acquisizione di Iveco Group da parte di Tata Motors potrà essere non un commiato, ma un volano. Altrimenti, i due anni di salvaguardia rischieranno di somigliare a una parentesi, più che a un orizzonte.

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