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Lavoro & Crisi

Torino, record di cassa integrazione (non solo per Stellantis): ecco tutti i numeri in Piemonte

Da gennaio a settembre oltre 49 milioni di ore per gli ammortizzatori sociali. Focus su automotive ed export

Piemonte in cassa: il campanello d’allarme di quasi 48 milioni di ore

La spia rossa sul cruscotto dell’economia piemontese si è accesa da tempo, ma tra gennaio e settembre 2025 il segnale è diventato inequivocabile. Le ore di cassa integrazione autorizzate sono salite con percentuali oltre il 100%. E Torino, cuore della produzione di Stellantis, è la provincia più cassaintegrata d'Italia, a conferma costante del suo triste primato.

I numeri: una crescita superiore alla media nazionale
Secondo i dati del Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della UIL Nazionale, tra gennaio e settembre 2025 in Piemonte sono state richieste 46.172.778 ore di cassa integrazione, il 37,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2024. A queste si aggiungono 1.623.106 ore dei fondi di solidarietà gestiti dall’Inps, strumenti che tutelano i lavoratori privi di cassa integrazione ordinaria. Il totale sale così a 47.795.884 ore di ammortizzatori sociali, con un balzo del 38,9%.

Il confronto con il quadro nazionale è eloquente: a livello italiano le ore autorizzate nello stesso periodo sono state 429.295.244, in crescita del 18,6%. La dinamica piemontese, dunque, corre a una velocità doppia rispetto alla media del Paese. Non un dettaglio statistico: quando l’uso degli ammortizzatori accelera più della media, spesso significa che le criticità locali sommano fattori congiunturali a elementi strutturali.

La geografia della crisi: il primato di Torino e i rimbalzi delle province
La mappa provinciale restituisce un mosaico sfaccettato. Considerando le sole ore di cassa integrazione, il confronto tra i primi nove mesi del 2025 e lo stesso periodo del 2024 mostra crescite molto forti a Verbania (+140,2%), Asti (+122,6%) e Cuneo (+121,3%). Aumenti importanti anche a Vercelli (+42,1%) e Torino (+40,5%), mentre Alessandria cresce di misura (+3,3%).

Due territori vanno in controtendenza: Novara (-2,6%) e Biella (-14,1%), segnali che indicano specificità settoriali e una domanda di lavoro meno compressa in alcuni comparti.

Il dato che più colpisce è quello di Torino: 29.464.396 ore. Il capoluogo si conferma, di gran lunga, la provincia più “cassaintegrata” d’Italia, seguita da Potenza e Roma. La struttura industriale torinese, la concentrazione di grandi e medie imprese e il peso dell’automotive e della componentistica spiegano in parte il primato. Nonostante a Mirafiori sia ripresa la produzione, per la Fiat 500 Ibrida. Ma è solo la meccanica che scricchiola? O siamo di fronte a una più ampia ridefinizione di filiere, mercati e competenze?

Le parole di Gianni Cortese (Uilm)
Il quadro interpretativo lo offre con chiarezza Gianni Cortese, segretario generale UIL Piemonte. “I dati relativi alle richieste di ore di cassa integrazione confermano le difficoltà del tessuto produttivo piemontese, attraversato dalle problematiche che attraversano la fase di transizioni in atto”, afferma. Nel mirino, secondo Cortese, ci sono “la mancata ripresa del commercio internazionale, gli effetti della politica sui dazi, la situazione geopolitica, lo stato dell’economia tedesca, principale destinataria delle esportazioni piemontesi e la stagnazione dei consumi interni, aggravata dalla pesante perdita di potere d’acquisto dei redditi di lavoratori e pensionati”.

Il riferimento alla Germania non è casuale: il mercato tedesco assorbe quote decisive dell’export piemontese. Se Berlino rallenta, l’onda lunga arriva fino alle valli del Piemonte. E quando la domanda internazionale si assottiglia, l’uso della cassa integrazione diventa lo strumento per metabolizzare l’urto senza licenziamenti immediati. Ma quanto può durare questa anestesia?

L’automotive come cartina di tornasole
“Le transizioni in atto impattano particolarmente sul settore dell’automotive, che investe anche l’intera filiera della componentistica”, ricorda Cortese. La transizione ecologica ed energetica – dall’auto elettrica alla digitalizzazione del veicolo – impone riassetti produttivi complessi. È come cambiare motore in corsa: serve tempo, capitale e nuove competenze. I fornitori devono riposizionarsi, le linee essere riprogettate, la logistica adattata. In questo scenario, le ore di cassa integrazione possono rappresentare il tempo “protetto” della riconversione. Oppure il preludio a una riduzione strutturale della capacità produttiva, se gli investimenti tardano.



Quando calano redditi e consumi
C’è poi il lato della domanda interna. La “pesante perdita di potere d’acquisto” evocata da Cortese agisce come una sabbia sottile che, nel tempo, inceppa gli ingranaggi dei consumi. Se i redditi reali di lavoratori e pensionati faticano a tenere il passo con i prezzi, la spesa si ridimensiona. Dal mobile all’elettrodomestico, dall’auto agli acquisti discrezionali, molte filiere avvertono il colpo. E quando il mercato domestico tentenna mentre quello estero non riparte, gli ammortizzatori crescono.


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