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Il flop dell'elettrico
03 Settembre 2024 - 07:20
Calo delle vendite, l'intero settore automotive in crisi (soprattutto per l'elettrico), crescente concorrenza dei cinesi. "Non si può più escludere la chiusura di impianti nei siti di produzione di veicoli e componenti". E di fronte a questo annuncio, la Borsa cresce.
No, non è di Stellantis che stiamo parlando, anche se l'analisi si addice al Gruppo di John Elkann come un abito su misura. Stiamo parlando di Volkswagen, ossia il Gruppo che è leader delle vendite in Europa, non proprio un'azienda di secondo piano... Eppure, la crisi del mercato sta scuotendo anche il colosso, portandolo verso un unica possibilità: chiudere una o più fabbriche per salvare i conti e i rendimenti finanziari.
La realtà è una sola, anche se a molti può non piacere: il mercato non mente. E in questo momento il mercato dice che l'auto elettrica non va, non piace, costa troppo (soprattutto). E i produttori europei, che spinti dalle politiche comunitarie hanno improntato i propri piani industriali in direzione della transizione elettrica, ne stanno dolorosamente prendendo atto. I dati delle immatricolazioni di agosto, in Italia, vedono l'elettrico in caduta libera del 40%, mentre un po' meglio fanno le ibride.
Una "situazione estremamente tesa" dice Oliver Blume, ceo di Volkswagen, in un documento interno riservato - ma filtrato alle agenzie di stampa - spiegando che il gruppo "debba ora agire con decisione. E il semplice taglio dei costi - semplice si fa per dire, visto che da inizio anno in casa Volkswagen hanno tagliato per quasi un miliardo di euro e il piano ne prevede 10 entro il 2026 - non basta. Dunque, si dice sempre nel documento, bisogna chiudere una o più fabbriche. Probabilmente proprio quelle del marchio della Golf, perché invece gli altri resistono meglio: soprattutto Audi e tutto quanto attiene il segmento premium. Perché, alla fine, è il ceto medio che ha difficoltà a comprare auto che costano anche il 40% in più di una con motore endotermica. Non è un caso che le cinesi low cost si stiano prendendo il mercato.
La cosa più allarmante - per i lavoratori - è che appena si è diffusa la notizia di una possibile chiusura di una fabbrica, un evento che dovrebbe risultare una sconfitta per gli amministratori, il mercato azionario ha reagito alla grande: in meno di due ore, nella mattinata di lunedì, Volkswagen ha guadagnato il 2%. E Blume, come altri ceo, ha un impegno con gli azionisti: aumentare i guadagni, soprattutto quelli finanziari, perché è di questo che vive oggi il mercato: finanza, non più manifattura.
I lettori, anche i meno scafati in ambito economico, avranno già notato l'inquietante parallelismo con Stellantis. Che se in Italia perde ad agosto oltre il 32% in termini di immatricolazioni e ben sette punti percentuali di quota di mercato, anche in Francia - ossia il mercato finora più amico - affronta perdite enormi: anche qui oltre il 31%. Perde Citroen addirittura a -45,1%, Peugeot -25,4% pure a fronte dei grandi ordinativi per i modelli in uscita, affonda Fiat con -44,5%. Si salva Jeep con +39% ma parliamo comunque di poche centinaia di auto (una conferma, però: anche in Italia la Jeep Avenger è nella top ten delle immatricolazioni, soprattutto nella versione ibrida). E di fronte a questa notizia, a Piazza Affari, lunedì mattina il titolo ha perso subito il 2%. Risultati, quelli francesi, che fanno impressione se paragonati alla concorrente Renault che perde "solo" attorno al 20%. Sommiamo a tutto questo il -25% sul mercato americano da inizio anno e avremo un quadro decisamente preoccupante.
A questo punto, come ha parzialmente ammesso il ceo Carlos Tavares riferendosi al mercato americano, c'è qualcosa di sbagliato nella strategia. Altrimenti, poco tempo fa, non si sarebbe deciso di lanciare una trentina di modelli anche in versione ibrida. Per complicata che sia la situazione, l'ibrida incontra infatti meno difficoltà: in questi otto mesi, in Italia, tra le mild o full hybrid più vendute Fiat Panda, Lancia Ypsilon e Fiat 500 occupano rispettivamente la prima, terza e sesta posizione. Tra le PHEV, Jeep Renegade risulta al decimo posto, mentre tra le full electric Jeep Avenger risulta il quarto modello più venduto dopo Tesla Model 3 e Model Y e Volvo EX30, seguito da Fiat 500e al quinto posto.
Però, al momento di comunicare i pessimi risultati della semestrale, Carlos Tavares aveva confermato la guidance, indicando un target di dividendi per 7 miliardi di euro a fine anno. E come si raggiunge un risultato simile? Recuperando terreno in ambito finanziario, che per Tavares comincia con il tagliare i costi: a partire da personale e produzione, come ha sempre fatto. Se negli USA sono già annunciati 2.500 licenziamenti, e in Italia si torna a parlare oltre che di cassa anche di esodi incentivati, quanto è vicina l'ipotesi di un taglio ancor più netto? Ciò che non rende si chiude, è la filosofia di Tavares sostenuta da John Elkann.
E' stata promessa, è vero, la ripresa produttiva, la piena attività degli stabilimenti. E la nota di Santo Ficili, Director Managing di Stellantis Italia, diffusa ieri sera diceva che "Stellantis Italia resta impegnata nella esecuzione del piano strategico Dare Forward 2030 e sta lavorando duramente con le organizzazioni sindacali e tutti gli stakeholder per mitigare gli impatti della transizione e creare un business sostenibile". Ma è il mercato che decide ed è la Borsa che dà risultati. Dunque, osservando Volkswagen, Stellantis potrebbe chiudere uno stabilimento? E quale?
Oppure potrebbe giocare un'altra carta: "passare" una fabbrica al suo partner cinese Leapmotor ma non semplicemente come brand, bensì proprio come Leapmotor International, la joint venture di cui il gruppo francoitaliano ha il 51%, creata per commercializzare ed eventualmente produrre le elettriche cinesi. Parte della produzione è già iniziata a Tychy in Polonia, ma i rumors accreditano l'ipotesi anche italiana - forse a Mirafiori - per una linea produttiva. Mentre, per chiusure o tagli, potrebbero scattare anche in Francia o, scenario più probabile, nell'ex Vauxhall in Inghilterra.
Una risposta potrebbe arrivare presto, in due momenti distinti: il primo, il 17 settembre, quando a Roma Stellantis dovrà riferire al ministero dell'Industria sul futuro della gigafactory Acc di Termoli messa in stand by ("A che serve produrre batterie in un Paese dove le auto elettriche non si vendono?" ha detto anche Tavares); il secondo invece sarà il 24 settembre, quando verranno resi noti i risultati semestrali di Exor, primo azionista di Stellantis. E John Elkann, in qualche modo, dovrà parlare anche di questo agli altri investitori. Tra i quali, secondo alcuni rumors, si comincia a chiedere la testa di Carlos Tavares - almeno in America, dove è stata intentata una class action contro il ceo e la direttrice finanziaria Nathalie Knight -, a meno che non riesca nell'impresa di garantire quei risultati finanziari. A quale prezzo?
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